«Identità e futuro» per rilanciare i prodotti sardi
NURAMINIS. Un’antica macina isolana per la lavorazione del grano. Un aratro trainato dai buoi per la coltivazione di un podere inglobato nel Basso Campidano. Gli agricoltori del territorio impegnati nella mietitura del cereale per eccellenza della Sardegna. Senza poi dimenticare la lavorazione del pane prodotto dalle sapienti mani delle massaie. Sono le cartoline di un’Isola che sembra essere stata cancellata dalla modernità. Una realtà mai dimenticata. E che presto potrebbe essere riprodotta con la salvaguardia delle produzioni agricole nostrane. È la speranza del comitato “Identità e futuro” che propone la ricetta per uscire dalla crisi: «Una legge regionale per la conservazione e valorizzazione dei prodotti sardi - esordisce il presidente del movimento Modesto Fenu - per ridare speranza al comparto agropastorale azzerato da una politica comunitaria che ci ha affossato permettendo l’importazione selvaggia delle merci nei grandi magazzini». La restaurazione parte dallo storico granaio della Sardegna. Il Monte Granatico di Nuraminis che, sino a qualche decennio fa, accoglieva i semi dell’oro isolano. Segni di un passato lontano. Non è un caso che la rivoluzione dei campi ricominci dal regno dell’agricoltura. «La nostra non è una battaglia contro la globalizzazione - aggiunge Dario Murtas, uno dei rappresentanti del comitato - è una vera e propria sfida. Perché vogliamo ritornare a coltivare le nostre campagne e promuovere i prodotti nel mercato isolano». Un’impresa. Una follia? Chissà. «Certo - va giù duro il sindaco di Ussana, Paolo Loddo - è inaccettabile che il civraxiu, le lorighittas, i malloreddus, il pane carasau vengano confezionati con il grano sbarcato dall’Ucraina o dal Canada. E che le pesche possano arrivare dalla Spagna o dal Marocco. Stesso identico discorso vale per i maiali e gli agnelli. E poi che dire del latte?». Tradotto: «Il nostro slogan - avanza Giancarlo Picciau, imprenditore agricolo di Sestu - è la Sardegna deve ricominciare a scrivere la sua storia». Per voltare pagina occorre un nuovo strumento: «La nostra proposta di legge sarà presentata alla Regione - aggiunge il leader del sodalizio - Si parte dalla filiera del grano duro. Ma si potrebbe allargare alle altre produzioni tipiche. La coltivazione del cereale in Sardegna ha subito una consistente contrazione delle superfici negli ultimi 20 anni. Un crollo dovuto alla internazionalizzazione del prezzo del prodotto con l’aumento indiscriminato delle importazioni de altri Paesi dell’Europa e non solo». Il messaggio è chiaro: «L’impalcatura legislativa è volta - rimarca Fenu - a tutelare la produzione isolana, salvaguardare le antiche lavorazioni per poi favorire il ripopolamento delle campagne. Ci sarà anche un marchio con una macina».
Luciano Pirroni
fonte: http://lanuovasardegna.gelocal.it/
Grano sardo, una legge per difenderlo
Affollata assemblea a Nuraminis di amministratori, molitori, cerealicoltori e panificatori. Nato il comitato Identità e futuro.
«Sì ai granai sardi pieni, no alle navi con le stive gonfie di grano importato dall'Argentina, Ucraina o dall'Australia. Così si salva la cerealicoltura sarda, e la sua filiera, e anche una bella fetta del tessuto socioculturale della Sardegna». La scommessa parte da Nuraminis, dove è stata presentata la proposta di legge di iniziativa popolare per una "Legge regionale per la conservazione e valorizzazione dei prodotti sardi".
LA RACCOLTA La sala convegni dell'ex Montegranatico, da dove è iniziata la raccolta delle 50 mila firme necessarie per la proposta di legge, era piena: almeno 200 persone tra operatori agricoli, amministratori provinciali e comunali, molitori e panificatori. Modesto Fenu, consigliere provinciale di Monastir, capofila del Comitato promotore Identità e futuro che ha scritto il testo della proposta: «Oggi il consumatore ha difficoltà a capire la provenienza del prodotto, la qualità, e cosa si porta in tavola. Per contro le campagne sono abbandonate e incolte». Dario Murtas, cerealicolture e assessore comunale all'Agricoltura di Ussana: «L'iniziativa interessa tutti. Agricoltori, molitori, pastai, consumatori». Fenu ha precisato il senso dell'iniziativa: «Non è possibile che molte delle eccellenze alimentari della Sardegna non siano prodotte con la materia prima coltivata in Sardegna». E il grano sardo? «Confuso nella massa di prodotto importato dall'estero».
IL CALO I dati del calo fanno rabbrividire, con la superficie coltivata passata dai 90 mila ettari degli anni Novanta, ai 38-40 mila stimati per la prossima campagna. Idem la produzione, passata da 180 mila quintali agli attuali 60-70 mila. «Serve una legge che tuteli le nostre produzioni tipiche ed identitarie», ha detto ancora Fenu. Il treno della legge che punta a riscrivere il futuro della ceralicoltura sarda è partito. Fra i passeggeri, centinaia di operatori e molti amministratori pubblici: dall'assessore provinciale Piero Comandini ai sindaci di Nuraminis Stefano Anni, di Ussana Paolo Loddo, di Monastir Ignazio Puddu.
LE FIRME Per la legge servono 50 mila firme, e la campagna iniziata a Nuraminis continuerà nei municipi dei Comuni e in altri punti di raccolta. «Ci crediamo», ha esortato Dario Murtas, uno dei promotori (con Fenu anche Antonio Secci, mugnaio di Senorbì, Cristian Attori, panificatore di Settimo San Pietro e Giancarlo Picciau, cerealicoltore di Sestu) della legge che non lascia spazio alle interpretazioni: «I prodotti derivanti da semole e sfarinati, che si definiscono "prodotti tipici e identitari della Sardegna, devono essere prodotti con semole e sfarinati ottenuti da grano duro coltivato in Sardegna».
LA RACCOLTA La sala convegni dell'ex Montegranatico, da dove è iniziata la raccolta delle 50 mila firme necessarie per la proposta di legge, era piena: almeno 200 persone tra operatori agricoli, amministratori provinciali e comunali, molitori e panificatori. Modesto Fenu, consigliere provinciale di Monastir, capofila del Comitato promotore Identità e futuro che ha scritto il testo della proposta: «Oggi il consumatore ha difficoltà a capire la provenienza del prodotto, la qualità, e cosa si porta in tavola. Per contro le campagne sono abbandonate e incolte». Dario Murtas, cerealicolture e assessore comunale all'Agricoltura di Ussana: «L'iniziativa interessa tutti. Agricoltori, molitori, pastai, consumatori». Fenu ha precisato il senso dell'iniziativa: «Non è possibile che molte delle eccellenze alimentari della Sardegna non siano prodotte con la materia prima coltivata in Sardegna». E il grano sardo? «Confuso nella massa di prodotto importato dall'estero».
IL CALO I dati del calo fanno rabbrividire, con la superficie coltivata passata dai 90 mila ettari degli anni Novanta, ai 38-40 mila stimati per la prossima campagna. Idem la produzione, passata da 180 mila quintali agli attuali 60-70 mila. «Serve una legge che tuteli le nostre produzioni tipiche ed identitarie», ha detto ancora Fenu. Il treno della legge che punta a riscrivere il futuro della ceralicoltura sarda è partito. Fra i passeggeri, centinaia di operatori e molti amministratori pubblici: dall'assessore provinciale Piero Comandini ai sindaci di Nuraminis Stefano Anni, di Ussana Paolo Loddo, di Monastir Ignazio Puddu.
LE FIRME Per la legge servono 50 mila firme, e la campagna iniziata a Nuraminis continuerà nei municipi dei Comuni e in altri punti di raccolta. «Ci crediamo», ha esortato Dario Murtas, uno dei promotori (con Fenu anche Antonio Secci, mugnaio di Senorbì, Cristian Attori, panificatore di Settimo San Pietro e Giancarlo Picciau, cerealicoltore di Sestu) della legge che non lascia spazio alle interpretazioni: «I prodotti derivanti da semole e sfarinati, che si definiscono "prodotti tipici e identitari della Sardegna, devono essere prodotti con semole e sfarinati ottenuti da grano duro coltivato in Sardegna».
Ignazio Pillosu
fonte: http://www.unionesarda.it/
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