lunedì 19 maggio 2008

2° Festival internazionale di architettura a Cagliari dal 29 maggio al 1° giugno

Si rinnova a Cagliari l'appuntamento con Festarch, il Festival internazionale di architettura promosso dalla Regione, che si terrà all'ex Manifattura Tabacchi dal 29 maggio all'1 giugno. Nel 2007 sono state registrate oltre 30mila presenze, ma la seconda edizione del Festival che concilia architettura, arte, design e scrittura punta a migliorarsi.
Festarch è organizzato dall'associazione culturale Amici del Festival dell'Architettura con la direzione artistica di Stefano Boeri e Gianluigi Ricuperati. La manifestazione è promossa da Regione, Università di Cagliari e Sassari, Istituto nazionale di architettura (Inarch), con la collaborazione del Comune di Cagliari e il patrocinio di due fra le più importanti gallerie di arte e architettura del mondo, "Serpentine Gallery" di Londra e "Storefront for Art and Architecture" di New York con il "Man" di Nuoro.
Il tema scelto per la nuova edizione è il "turismo planetario", dall'individualità dei grandi viaggiatori al turismo di massa, dalle esplorazioni alle migrazioni. Il paesaggio e le sue mutazioni, e soprattutto l'uomo saranno i protagonisti. La Sardegna del futuro promette di diventare la culla di un nuovo modello di luoghi del turismo. Ed è proprio la sfida culturale che proviene dall'Isola, uno dei luoghi nel mondo dove l'architettura contemporanea ha messo le radici più salde, a dare a questo appuntamento un rilievo internazionale.
Alla seconda edizione del Festival parteciperanno architetti di fama mondiale, quali i premi Pritzker Jacques Herzog e Rem Koolhaas, e alcuni fra i più prestigiosi nomi dell'architettura: Iñaki Abalos, Floris Alkemade, Barbara Aronson, Marco Casamonti, Minsuk Cho, Alberto Francini, Valerio Franzone, Fabrizio Gallanti, Bjarke Ingels, Junya Ishigami, Giovanni La Varra, Quingyun Ma, Fabio Novembre, Rudi Ricciotti, François Roche, Italo Rota e Benedetta Tagliabue. Tra i designer e gli artisti saranno ospiti Vito Acconci, Andrea Branzi, Piero Lissoni, Peter Saville, Pinuccio Sciola e Patricia Urquiola e Marcella Vanzo. Tra gli scrittori e i curatori, invece, Mauro Bersani, Achille Bonito Oliva, Geoff Dyer, Marcello Fois, Tom McCarthy, Richard Mason, Rick Moody, Michela Murgia, Federico Nicolao, Hans Ulrich Obrist, Luc Sante, Flavio Soriga e Bruce Sterling. La presenza di tre grandi fotografi quali Oliviero Toscani, Mario Dondero e Paolo Rosselli aggiungono qualità e spessore a un parterre di eccellenza.
L'inaugurazione si svolgerà giovedì 29 maggio, alle 21.30. Sono previste una lezione magistrale del premio Pritzker dell'architettura, Jacques Herzog, e la presentazione della mostra "Monteponi verso un piano", a cura del prestigioso studio di architettura Herzog & De Meuron, sul piano di riqualificazione del complesso minerario di Monteponi. Nessun progetto come questo è un esempio di come passato e futuro si possano collegare. Questo lavoro rappresenta il cuore della seconda edizione di Festarch: l'idea è quella di capovolgere la logica, ormai perdente ma sempre molto accattivante, della città fiaba, dei villaggi vacanze-ghetto, dei punti ciechi che sono diventati i nostri centri turistici, anche quelli di successo. Il 31 maggio, alle 22, è previsto il concerto di Stefano Scodanibbio, "Voyage That Never Ends".
Il Man, Museo di arte contemporanea di Nuoro, presenterà un'installazione di Leonardo Boscani e della sua agenzia di viaggi "Vu Vulà". Tra le altre iniziative segnaliamo Minifestarch, "Disegna e racconta la tua casa ideale" a cura di Andrea Mosconi. È un laboratorio dedicato ai bambini dagli 11 ai 14 anni. La strada per far apprezzare il fascino discreto della geometria e dell'architettura agli studenti è quella di metterne in evidenza il grande valore culturale. Scoprire le applicazioni dell'architettura, le sue radici storiche e il suo aspetto di gioco, è il modo più semplice per farla accettare e forse perfino per farla amare.
Scarica il programma completo.

5 commenti:

desaparecido ha detto...

A proposito del pestaggio che ha portato alla morte un giovane ragazzo italiano;
piccolo quesito:
1) è morto per una sigartta non offerta?
2) è morto per mano di giovani che indossavano maglie inneggianti al fascismo?
...
Indossare una maglia o avere tatuaggi con svastiche o con scritte frasi tratte dai discorsi (demoratici?) del "duce" allora significa semplicemente essere picchiatori e assasini.....cosa che nel ventennio fascista (casualmente) era abbastanza di moda.
Qualcuno (naturalmente di destra) afferma che si tratta della "solita strumentalizzazione"...
purtroppo la crisi cilturale dell'Italia aiuta a sottovalutare questi gravi fatti...
Inoltre c'è chi sta pensando di riscrivere i libri di storia; potrete pure riscrivere i libri ma la STORIA NO!!!

Unknown ha detto...

Addirittura, Il sindaco post-fascista Alemanno vuole dedicare una strada ad Almirante, uno che fucilava i partigiani.
«Almirante è sempre stato un fascista: un difensore della razza, un repubblichino di Salò che partecipava ai rastrellamenti di partigiani in val Sesia. Adesso lo celebrano, andiamo bene... »

desaparecido ha detto...

Roma: Pigneto; 3 negozi gestiti da immigrati del Bangladesh sono stati devastati da un gruppo di "violenti" che dovremo chiamare "gang", pare, ma non "squadraccia". Non è "violenza politica", ormai al governo del paese Italia c'è un centrodestra che ha saputo assorbire e trasformare le paure xenofobe per minare l'Italia di speranze da stato di polizia; beh, magari non c’entra niente, anzi, è cosa opinabile già in partenza.
Anzi, se ci si vuol vedere a tutti i costi un nesso tra violenti e fascisti allora si è capziosi. Si tratta di "pervertiti apolitici"; di "teppa da stadio", forse; che a casa hanno un busto di bronzo uguale a quello che ha Ciarrapico, ma è per puro caso, per amorevole coincidenza di "gusti artistici".
Il Pigneto è o dovrebbe essere un quartiere speciale, "un modello per l’integrazione rispetto agli altri romani": vederci una strategia senza mandante sarebbe comunque pura "dietrologia", nessuno s’azzardi, sarebbe "patetico" e "pericoloso" fare la parodia di Pasolini.
E poi lo sanno tutti: i fascisti (oggi detti “frange estreme”, ma estremi di cosa non si sa), i fascisti puntano i clandestini; tuttavia i titolari dei negozi devastati erano perfettamente in regola; di conseguenza gli aggressori non erano fascisti; forse nemmeno “frange estreme”; magari i commercianti del Bangladesh avranno speculato sui prezzi e i "giovani con la sciarpa" avranno esposto reclamo in modo intemperante. Mascalzoni.
Per la situazione napoletana "Meno esrecito e più polizia" dice Berlusconi. Ok, va bene; hai la maggioranza dei voti, perchè mai dpvrei oppormia tutte queste idiozie.

Unknown ha detto...

Riporto quanto letto sulla stampa:
Interviene anche Gianfranco Fini nella polemica su Giorgio Almirante. Il presidente della Camera, che è stato il delfino di Almirante e il suo successore alla guida dell'Msi, ha riconosciuto che alcune frasi da lui pronunciate e scritte in epoca fascista «sono certamente vergognose» ed «esprimono un sentimento razzista.
Il commento di Fini è avvenuto dopo che Emanuele Fiano (Pd) aveva letto in aula alcune frasi di un testo di Almirante pubblicato nel maggio 1942 sulla rivista La difesa della razza, di cui Almirante era vice direttore, in cui poneva la necessità di «porre un altolà ai meticci e agli ebrei». «Ho visto manifesti a Milano secondo cui noi italiani dovremmo essere orgogliosi di Almirante, di cui dovremmo ricordare la figura», ha detto il deputato, che è di religione ebraica. Dopo aver letto il breve testo sul razzismo, Fiano ha concluso: «Ringrazio chi ha avuto l'idea di dedicare una strada a Giorgio Almirante per non dimenticare. In effetti noi non lo dimenticheremo mai».

Unknown ha detto...

Ha i capelli brizzolati, gli occhi lucidi come di chi è in preda a una febbre, il ciondolo d'oro al polso. Così il quotidiano 'Repubblica', in un'intervista, descrive "l'uomo del raid del Pigneto, l'italiano sulla cinquantina cui la polizia cerca da cinque giorni di dare un volto".
"Eccome qua - spiega l'anonimo - io sarei il nazista che stanno a cercà da tutti i pizzi. Guarda qua. Guarda quanto sò nazista...". La mano sinistra - descrive il giornalista - solleva la manica destra del giubbetto di cotone verde che indossa, scoprendo la pelle. L'avambraccio è un unico, grande tatuaggio di Ernesto Che Guevara. "Hai capito? Nazista a me? Io sono nato il primo maggio, il giorno della festa dei lavoratori e al nonno di mia moglie, nel ventennio, i fascisti fecero chiudere la panetteria al Pigneto perché non aveva preso la tessera".
Il nome? "Quello lo saprai molto presto. Il giorno che mi presento al magistrato, perché quel giorno il mio nome non sarà più un segreto. Mi presento, parola mia. La faccio finita cò 'sta storia. Ma ci voglio andare con le gambe mie a presentarmi. Nun me vojo fà beve (arrestare ) a casa. Perciò, se proprio serve un nome a casaccio, scrivi Ernesto... "
a.m.