mercoledì 26 novembre 2008

Bocciato dai dissidenti, Soru si dimette

Ieri, quarto anniversario della sua legge più famosa, la «salvacoste», Renato Soru si è dimesso dopo essere stato battuto in Consiglio regionale per il dissenso di oltre 20 esponenti del Centrosinistra su uno dei punti più caldi della riforma urbanistica: il Piano delle zone interne. Il governatore aveva posto una sorta di fiducia sull'emendamento della giunta e così ne ha tratto le conseguenze. Ma non è detto che lo sbocco siano le elezioni anticipate. Soru stesso ha lasciato intendere che potrebbe ritirare le dimissioni: la scadenza cade proprio il giorno di Natale.
Dopo tre lunghi rinvii delle sedute e altrettanti inutili vertici del Centrosinistra, ieri il braccio di ferro tra Soru e una parte della sua maggioranza è arrivato al dunque. Assieme al presidente, nel voto, si sono schierati una parte del Pd (la stessa che sostiene la segretaria Francesca Barracciu e il capogruppo Antonio Biancu, più i consiglieri che fanno riferimento politico ad Emanuele Sanna) e Rifondazione comunista. Contro hanno invece votato i dissidenti del Pd, capeggiati dal relatore della legge Giuseppe Pirisi e da Silvio Lai, Sinistra democratica di Renato Cugini e il Ps di Peppino Balia, vale a dire la parte del Centrosinistra che chiede le primarie di coalizione proprio per contrastare la conferma di Soru.
In effetti lo scontro che ha portato Soru alle dimissioni è tutto politico. Il motivo scatenante è stato l'emendamento della giunta sulle norme transitorie. Soru chiedeva che, come previsto per i Comuni, anche la Regione potesse utilizzare le vecchie regole per completare gli atti di pianificazione già avviati: nel suo caso il Piano paesaggistico delle zone interne. Una parte della maggioranza da settimane dice «no»: la seconda parte del Ppr (la prima è quella sulle coste) va approvata con le regole della nuova legge urbanistica e non con quelle indicate dalla legge «salvacoste».
Ieri mattina alle 13, prendendo per la prima volta la parola in Consiglio nella discussione sulla riforma urbanistica, Soru ha posto sull'emendamento una sorta di questione di fiducia chiedendo che assieme ai Comuni fosse esplicitamente indicata anche la Regione per l'opportunità della deroga: «La Regione può già andare avanti sul Ppr grazie all'articolo 44 già approvato, ma se viene sconfessata la politica sull'atto più qualificante, quello della pianificazione -ha concluso- le conseguenze sarebbero gravi».
Il presidente dell'assemblea, Giacomo Spissu, ha colto l'occasione di alcuni contrasti procedurali per sospendere la seduta e rinviarla alle 16.30. I lavori sono ripresi, però, solo alle 17.05 con una sorpresa. Un nuovo emendamento della giunta che non prevedeva più l'indicazione della Regione ma un riferimento all'articolo 44. I dissidenti hanno chiesto spiegazioni e la giunta assieme al capogruppo Biancu hanno spiegato ai consiglieri del Pd che era solo un'indicazione utile per consentire alla giunta di fare un passo indietro senza sconfessarsi. Così Giuseppe Pirisi e Silvio Lai hanno dato il via libera e sono intervenuti in aula, assieme ad altri, anch'essi accusato di dal Centrodestra di aver subito il diktat del governatore, per spiegare che invece avevano ottenuto ciò che volevano e che cioé la giunta di fatto non potesse fare il Ppr delle zone interne. Ma prima Chicco Porcu (Pd di area Progetto Sardegna) e Luciano Uras (Pr), poi Biancu, quindi l'assessore Gian Valerio Sanna e infine lo stesso Soru hanno chiarito -su richiesta di chi chiedeva una interpretazione autentica dell'emendamento prima del voto- che la giunta poteva andare avanti ma ma con le nuove regole, con la sola differenza (giudicata però inaccettabile dai dissidenti) che il riferimento di partenza del Ppr delle zone interne non sarebbe stato il Documento di programmazione territoriale, di competenza del Consiglio, ma sarebbero le vecchie linee guida del 2005, cosa che consentirebbe alla giunta di approvare il tutto prima delle elezioni.
C'è stata la rivolta dei socialisti con Peppino Balia e Pierangelo Masia e soprattutto, nel Pd, di Pirisi e Alberto Sanna (quest'ultimo ha accusato Biancu: «Non sei più il mio capogruppo»). C'è stata una nuova pausa, ma gli animi di sono persino surriscaldati.
Nessun accordo. E alla ripresa Soru ha chiesto che l'emendamento venisse votato nella sua interezza. Gli altri non hanno accettato e la parte gradita alla giunta è stata bocciata con 55 «no» e 21 «sì». L'altra parte dell'emendamento (quella sui Comuni) è stata invece approvata con 42 «sì» e 31 «no» (ma Soru e altri a lui più vicini non hanno partecipato al voto). Dopo un'ora e tre quarti (nel frattempo era stato cassato un altro emendamento) le dimissioni, con gli applausi del Centrodestra. Spissu prova a proseguire nell'esame della legge, ma la giunta ha abbandonato l'aula. La legge, quindi, non può essere approvata: Soru, in caso di bocciatura dell'emendamento, aveva anche pensato di votare contro l'intero provvedimento.
La crisi politica è dunque aperta. Il Centrosinistra è in grado di ricompattarsi? Un mese per capire se si voterà a marzo (elezioni anticipate) o a giugno.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Le dimissioni di Soru significano per i Sardi una ‘sosta forzata’ nel cammino intrapreso dalla nostra Regione in direzione di un cambiamento sociale economico e culturale che attendiamo da decenni.
Ma non si illudano, il centrodestra e l’ala suicida del Pd, che questo atto di responsabilità politica del nostro Governatore possa essere interpretato dagli elettori come una rinuncia al progetto di crescita della Sardegna che Soru stava portando avanti con capacità ed onestà.
I Sardi stanno aprendo gli occhi, e in questi ultimi quattro anni hanno visto qualcosa di diverso (che a me è piaciuto, molto…), e credo che la maggiorparte di noi non voglia tornare indietro.
Ciao, Matilde