Vaffan-quorum: puntuale, gridato, clamoroso. Molto più largo di quanto non potesse temere la destra e sperare il centrosinistra. Una pernacchia li travolgerà, avevamo scritto. Così è stato, oltre ogni aspettativa. Una debacle che non è solo di Mauro Pili, definitivamente al capolinea, ma di tutto il centrodestra, dei caudatari Riformatori, sardisti in salsa maninikid tossica, socialisti di sventura e certi verdi che dovrebbero arrossire per la vergogna della loro vergognosa posizione. Ma soprattutto, una disfatta per il Gran Capo, il Cavaliere dell'Apocalisse che da palazzo Chigi aveva intimato-ordinato, attraverso i giornali e tv di servizio con i loro portavoce genuflessi, di andare a votare e votare “sì”. Che figura, Cavaliere! Ed è la terza volta, dopo il 1994 e il 2004, che la Sardegna lo manda a quel Paese e si deberlusconizza mentre il re di Arcore e del sardo canile nerazzurro trionfa e comanda in tutta Italia. È soprattutto la sua prima vera sconfitta dopo il trionfo nelle elezioni politiche generali. Grazie, no: i sardi non sono i suoi “cari concittadini” e glielo hanno mandato a dire in modo e con numeri inequivocabili. Sono disobbedienti ancora per dignità: vade retro, Cavaliere. Con lui e il centrodestra sardi i maggiordomi al seguito, i cantori editoriali e giornalistici. Il bollino-post it dell'Unione Sarda si trasforma in cartellino rosso, da espulsione, per il quotidiano, Videolina (ha censurato perfino le proteste dell'Ordine dei giornalisti, dell'Assostampa e della redazione). L'effetto-boomerang ribadisce che Sergio Zuncheddu è un editore di carta in tutti i sensi. Specie quando vuole, come fa da quattro anni, imporre la sua linea, i suoi uomini e amici politici e d'affari. Venderà anche molte copie: peso politico irrilevante. Salvo il complice suicidio omicida degli avversari politici, fra i quali conta peraltro molti loschi sodali avversi a Soru. Il potere tossico di disinformare non basta a convincere e spostare le scelte elettorali. Finisce di screditare, nella disfatta complessiva, un gruppo editoriale che opera contro la verità, la correttezza, soprattutto gli e-lettori. No pasaran, si era detto. Così è stato. Per Berlusconi, convinto di spostare con la sua becera interferenza istituzionale senza precedenti, l'orientamento dei sardi. Per il centrodestra e aggregati-derivati letali come quelli finanziari. Contro i nemici di Soru nel centrosinistra che, pur avendo votato ed restando a favore della legge salvacoste, volentieri avrebbero visto un successo degli ammazzacoste per liquidare il presidente. No pasaran neanche loro: neanche alle elezioni. La stangata dei referendari è enorme e incredibile. Avevano prodotto uno sforzo enorme, una mobilitazione capillare gigantesca, con costi inauditi, su un tema peraltro non poco controverso e comunque molto sentito. Hanno avuto il campo interamente libero, praticamente senza contraddittorio. L'appoggio militarizzato giornalistico e pubblicitario lautamente pagato di quotidiani (incluso Epolis) e tv: con l'eccezione della Nuova Sardegna, equilibrata ma certo senza aver negato spazio agli ammazzacoste e all'appello ultimativo di Berlusconi. Altro che referendum imbavagliato e silenziato dalla Regione. Cosa avrebbe potuto fare? Qualche inserzione a pagamento per ingrassare gli editori al guinzaglio della destra o viceversa? Si sarebbero perse nel mare magnum di quelle dei referendari, con spot a saturazione, Pili-bus, manifestazioni in centinaia di piazze tutte semideserte, intasato perfino Internet soprattutto con attacchi a Soru per le sue case di Cagliari e quella di Villasimius. C'è stata comunicazione, propaganda debordante, più informazione-spot giornalistica. Risultato: la chiamata alle urne è stata disertata quasi come per la Legge Statutaria, una specie di oggetto misterioso per i cittadini. Su salvacoste e gestione acque, l'informazione e la sensibilità erano ben maggiori. La risposta è stata ugualmente frustrante. Lo sarebbe stata anche di più se in certe zone i referendum sull'acqua, molto sentita e in modo trasversale anche nel centrosinistra, non avesse trainato più cittadini alle urne, fino al 40 per cento di alcuni centri. Cosa significa tutto questo? Che la crociata contro la salvaguardia delle coste, nonostante i toni terroristici del centrodestra e caudatari, non è affatto condivisa dai sardi che - anche fra tanti dissensi verso Soru - difendono questa linea: ormai modello nazionale e internazionale di riferimento. Significa anche che la credibilità del centrodestra - nonostante l'autolesionismo talora connivente e lo stato pietoso del centrosinistra - è ancora ai minimi e non sembra possa crescere per il voto regionale. Significa ancora che l'uso strumentale del referendum, lo scandalo dei soldi pubblici gettati al vento come per la consultazione vergognosa sulla Statutaria, ha fatto veramente incazzare i cittadini. Con i quasi venti milioni spesi in un anno per due votazioni a perdere, si sarebbero potute aiutare famiglie bisognose, realizzare interventi sociali come quelli - d'avanguardia - con cui la Regione ha cominciato a distribuire contributi alle famiglie dei caduti sul lavoro e per abbattere gli affitti troppo onerosi per i più poveri e i giovani. Un rifiuto popolare di forma e di sostanza, bruciante. E non si dica che il referendum è stato sabotato a destra per liquidare definitivamente Pili. Con la propaganda e la mobilitazione massiccia e l'appello inascoltato di Berlusconi, è stato anche l'elettorato del centrodestra a respingere una chiamata distruttiva. Lo dimostrano, oltre ogni dubbio, i risultati in Gallura e a Cagliari. Nella terra di Settimo Nizzi, colonia mondana del “re” Berlusconi, la risposta è stata ugualmente deprimente per i referendari. In una provincia dove il centrodestra ha quasi il 70 per cento dei voti, questa partecipazione al referendum significa che due terzi del proprio elettorato ha snobbato i promotori. Ancor più bruciante il dato di Cagliari, dove ha votato 18 per cento: assai meno del dato medio regionale. Significa che l'impegno forsennato e la mobilitazione di Emilio Floris, sostenuto dalle forze corazzate di latta dell'Unione Sarda e Videolina, hanno prodotto risultati da suicidio politico. E forse liquidato definitivamente anche le ambizioni del sindaco per la nomination ad anti-Soru. Insomma, la spallata annunciata contro Soru diventa un boomerang che rompe le ossa al centrodestra anche nella prospettiva del voto regionale: se nel Pd i guastatori e i tagliagole pronti a tutto non giocheranno allo sfascio. Ma dopo questa prova, i militanti e i simpatizzanti potranno e dovranno farsi sentire e mettere all'angolo quelli che risultano oggettivamente alleati del centrodestra. Il vaffan-quorum è una bella notizia, oltre Soru. Perché dimostra che la sensibilità e la cultura dell'ambiente è entrata nel cuore e nelle teste dei sardi mentre si continua a cementificare troppo. E il no agli ammazzacoste è un bellissimo, prestigioso biglietto da visita che i sardi potranno far valere come loro identità civile nel resto d'Italia e anche all'estero: in controtendenza col massacro dell'Italia.
Giorgio Melis
fonte: www.altravoce.net
Percentuale votanti a Ussana: 13,1%
1 commento:
Sulla stessa linea anche Rifondazione comunista: «Per il Centrodestra è una sconfitta dalle dimensioni esattamente proporzionali all’impegno ed alle risorse profuse dal Pdl sardo e nazionale nell’intrapresa referendaria: una sconfitta che pesa quanto i diecimila volontari saliti sul pulman di Pili, quanto le centinaia di spot televisivi che ci hanno sommerso in queste settimane, quanto i nove milioni di euro spesi dai sardi per questa grande operazione di demagogia».
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