martedì 24 giugno 2008

Il vecchio continente che vota per Obama

Bernardo Valli - La Repubblica

Nessun uomo politico raccoglie in Europa più consensi di Barack Obama. [...]
Obama sembra il portatore di un annuncio biblico. Della sua grande famiglia ci sono tracce non solo in America, ma anche in Africa e in Asia. Figli e figli dello stesso padre si trovano in Cina, in Indonesia, in Kenya. È vero: la sua famiglia potrebbe figurare in una pubblicità Benetton, firmata da Oliviero Toscani. Perché no? Una pubblicità della sacra moderna famiglia. È sorprendente la percentuale di elettori del Vecchio Continente che, se ne avessero la possibilità, voterebbero per il candidato democratico alla Casa Bianca. [...]
Il caso della Francia, ritenuta per tradizione "antiamericana", è singolare: più di 8 cittadini su 10 (l'84%) della Quinta Repubblica, dove non c'è nell'Assemblea Nazionale un solo deputato discendente (di prima o seconda generazione) da immigrati extraeuropei, si dichiarano in favore del senatore dell'Illinois. Un uomo di 46 anni, nero, e con alle spalle una famiglia le cui radici, dal lato paterno, affondano nel mondo musulmano.[...]
Forse affascina perché è un prodotto politico lontano, realizzabile soltanto oltre Atlantico. [...]
Voterebbero per Obama l'82% dei tedeschi, il 74% degli inglesi, il 72% degli spagnoli. Nel Senegal i giornali parlano di «una rivincita sulla Storia». Nella Corea del Sud, in Giappone, in Australia i consensi si sprecano. È un plebiscito. In Indonesia, dove Obama ha vissuto, è nato un culto. In Kenya, patria di Obama padre, si parla del «figlio della nazione». Nei Paesi arabi, dove l'antiamericanismo sembrava un dogma, all'inizio della campagna elettorale si sono aperte brecce di simpatia per il candidato democratico. [...]
Secondo lo studio condotto in più di venti Paesi dal Pew Research Center, negli ultimi mesi l'immagine dell'America nel mondo è migliorata. Diversi sono i fatti che vi hanno contribuito. Tra questi senz'altro l'imprevista ascesa nelle primarie del candidato democratico, figlio di un musulmano e con un'infanzia indonesiana. Due particolari, questi ultimi, che avrebbero dovuto suscitare consensi nel terzo mondo e perlomeno qualche diffidenza in quello occidentale. Invece, con l'eccezione dei Paesi limitrofi, Messico e Canada, insospettiti dai propositi protezionistici del candidato democratico, la società internazionale nel suo insieme vede con simpatia un'eventuale vittoria di Barack Obama. Anzi, se l'augura. Russia compresa. È un fenomeno planetario. L'Iraq e l'Iran sono i due capitoli di politica estera più urgenti che Barack Obama dovrà affrontare se uscirà vincente dalle urne di novembre. Essi sono strettamente collegati. Da loro dipende l'intera situazione mediorientale, con annessa la cronica crisi israele-palestinese, per tanti versi autonoma, ma presente in profondità in tulle le altre crisi. Nei cervelli. Nelle coscienze. Negli arsenali di guerra. [...]
Molti sperano di vederlo alla Casa Bianca. Nelle sue memorie, scritte nel 1995, raccontando l'infanzia nelle Hawaii e in Indonesia, il viaggio in Kenya quando era già adulto sulle tracce del padre, ha disegnato la sua identità ibrida di africano, di asiatico, di americano, di bianco e di nero. Un'identità animata da un profondo ottimismo americano. Ed anche da un idealismo ricavato dalle esperienze più semplici della vita. Nel New York Times Magazine, tempo fa, James Traub citava una frase di Obama in cui è riassunto il principio della sua visione internazionale: «La sicurezza del popolo americano è inestricabilmente legata alla sicurezza di tutti i popoli». È l'esatto opposto dei principi di George W. Bush. Per questo molti europei vedono in un suo avvento alla Casa Bianca la fine dell´epoca iniziata l'11 settembre. L'era delle vendette imperiali. [...]
Ci sono guerre da smontare (l'Iraq), guerra da accelerare (l'Afghanistan), nemici da circoscrivere (il terrorismo), amici da rassicurare, alleati da disciplinare, avversari e concorrenti potenti da consultare. E una fiducia nell'America, un soft power, da ricostruire. Una sicurezza da garantire. Molto. Forse troppo. Sembra proprio un sogno americano, in cui tanti europei politicamente orfani cominciano a credere, sperando che non sia un'illusione.
[http://www.repubblica.it]

4 commenti:

::Su:Barralliccu:: ha detto...

ma come? non ci mettete tra i vostri link utili? come sarebbe? ;)

PARTITO DEMOCRATICO - USSANA ha detto...

Lo faremo non appena risolviamo un problemino tecnico che ci impedisce di inserire nuovi link..Voi fate lo stesso però, inserite il nostro link!

PARTITO DEMOCRATICO - USSANA ha detto...

Fatto!..ora spetta a voi...A presto

desaparecido ha detto...

yes, we can...in effetti in Italia non ha reso tanto al PD