sabato 27 giugno 2009

L'Aquila tradita

Da un lato lo spiegamento di forze e l'efficienza per il G8. Dall'altro la disperazione nelle tendopoli. Tra disagi, spaccio di droga e violenze. Mentre la terra non smette di tremare.

Sono le sette di mattina del 19 giugno, quando una Punto bianca si ferma sul ciglio della statale 17 che attraversa L'Aquila. Al volante c'è un uomo in giacca e cravatta che spegne il motore, abbassa i finestrini e sfoglia il giornale appena acquistato. Vita quotidiana, niente di strano. Eppure all'improvviso il clima cambia, diventa teso. Dalla corsia opposta, spunta una berlina metallizzata che fa inversione inchiodando davanti alla Punto. Scende un giovane alto, palestrato, in jeans slavati e maglietta attillata. Si affianca al conducente e chiede i documenti senza qualificarsi. "Ma cosa sta succedendo? E lei chi è?", replica allarmato il conducente. "Attenda", risponde lo sconosciuto. Annota la targa della Punto, si attacca al cellulare, e infine torna con un sorriso finto: "A posto, può andare...".L'assedio, lo chiamano gli aquilani. La soffocante militarizzazione che sta stressando il territorio in vista del G8. Migliaia di soldati, poliziotti, carabinieri, agenti dei servizi segreti e paracadutisti calati in città nelle ultime settimane. Forze operative giorno e notte. Per le strade, sulle colline. Ovunque. Tutti ossessionati dalla sicurezza dei 23 capi di Stato e di governo che, dall'8 al 10 luglio, si confronteranno con le loro delegazioni nella caserma della Guardia di finanza ?Vincenzo Giudice?. "Prevenzione indispensabile", è definita dalla Protezione civile. Ma anche una presenza che esaspera gli sfollati del post terremoto, inchiodati a tutt'altre priorità. A quasi tre mesi dall'apocalisse del 6 aprile, la terra continua a tremare. Tre punto due, tre punto tre, fino a quattro punto cinque come lunedì 22 giugno. Numeri che sulla carta dicono poco, ma da queste parti sono muri che vibrano, angoscia che non passa, riflesso a correre in strada. "Abbiamo sempre in testa l'odore delle macerie, le urla dei feriti e lo strazio dei 300 cadaveri", dice Rinaldo Tordera, direttore generale della Cassa di risparmio della provincia dell'Aquila. Lui per primo, racconta, si è faticosamente imposto di non mollare, di "annodare la cravatta e tirare avanti". Ma la volontà non basta.
Gli ostacoli sono tanti, in questo Abruzzo triste: a partire dal crollo economico. "Per la prima volta in vent'anni", informa l'Istat, "la regione segna un tasso di disoccupazione (9,7 per cento) superiore a quello italiano (7,9)". Dal 2008 al 2009 sono scomparsi 26 mila posti di lavoro. E a leggere questi dati, gli artigiani, gli operai, ma anche i manager e i professionisti ospitati dalle tendopoli tremano, sovrastati dal -14 della produzione industriale."Superata la prima emergenza, dovrebbe essere questa la principale preoccupazione ", dice il presidente della Provincia Stefania Pezzopane (Pd). "Dovremmo concentrarci sulle necessità pratiche e psicologiche delle 25 mila persone ancora accampate, senza dimenticare le 35 mila esiliate sulla costa adriatica". Invece non è così. Capita qualcosa di grottesco, e crudele, davanti agli occhi dei terremotati: "La città si sta spaccando in due", spiega Marco Morante del Collettivo 99 (composto da una cinquantina di giovani ingegneri, architetti e geologi aquilani). "In primo piano, sotto i riflettori, c'è l'efficentismo sfrenato per adeguare la città al G8. E intanto in penombra, trascurata della politica, cresce la frustrazione della gente comune, vittima di una quotidianità invivibile e di una ricostruzione avventata".Parole che trovano continui riscontri, girando per l'Aquila. Basta raggiungere la caserma della Guardia di finanza, in zona Coppito, e chiedere alle imprese associate I platani e Todima come hanno realizzato la strada che collegherà la sede del G8 all'aeroporto di Preturo. "In soli 24 giorni abbiamo allargato e sistemato un percorso di due chilometri e 800 metri", dicono i titolari. Il tutto con un impiego massiccio di mezzi: "60 tra ruspe e scavatori", attivi sette giorni su sette, grazie ai quali "abbiamo costruito anche tre rotatorie e un piccolo ponte sul fiume Aterno". Il massimo, con i 3 milioni 200 mila euro stanziati dal Provveditorato alle opere pubbliche. E altrettanto apprezzabile è il rifacimento dell'aeroporto, fino a ieri snobbato per mancanza di strumentazioni, e oggi "dotato di ottimi sistemi radar e illuminazione della pista", assicura un tecnico dell'aeronautica.

lunedì 22 giugno 2009

Ussana: San Saturnino PRIMA / DOPO

Le foto che appaiono riguardano la Chiesa di San Saturnino di Ussana che, nell'attesa di un dignitoso restauro, è stata presa di mira da uno o più graffittari.
In questi casi, come talvolta accade, è partita la corsa per la ricerca del colpevole, con tutte le degenerazioni del caso; infatti in una piccola comunità, come quella ussanese, non si tarda ad individuare le persone e ad emettere giudizi nei loro confronti, magari con una bella dose di pregiudizi in dote.
Tuttavia non si cercano le cause che provocano certi gesti. Il reato commesso è di grossa entità e su ciò non vi sono dubbi; ma tutto ha una sua giustificazione: malessere sociale? disagio? incosapevolezza della gravità del gesto? sfregi alla comunità parrocchiale? voglia di trasgredire?
E le risposte, giustificabili o meno, le possono dare solo coloro che han compiuto il danno?
Forse no, anche l'intera comunità deve dare risposte ai colpevoli; saranno i genitori, gli ussanesi, gli educatori, i membri delle istituzioni e della comunità parrocchiale che dovranno avviare una nuova strada affinchè le regole di comportamento che sono condivise nei propri gruppi familiari si allarghino al contesto sociale in cui i bambini, gli adolescenti, i ragazzi e gli adulti convivono.
Il dialogo e il confronto fra i vari tessuti della società pare abbia perso la sua necessaria validità nel nostro territorio; è da qui che bisogna partire, al più presto, escludendo sentenze pubbliche ed "esecuzioni sommarie".
Il nostro futuro sono i giovani, ma insegniamogli il presente.

10 luglio, sciopero generale: «Fronte unitario contro la crisi»

Sindacati in piazza a Cagliari, scontro tra Giunta e opposizione.
Sciopero generale, senza se e senza ma: il 10 luglio la Sardegna si ferma, qualunque cosa accada da qui a quella data. Annunciata da tempo, la mobilitazione diventa ufficiale: indispensabile, secondo Cgil, Cisl e Uil, per ribadire la gravità della crisi che coinvolge tutti i settori produttivi. C'è la protesta ma anche la proposta: «L'iniziativa», sottolineano in un documento congiunto i segretari confederali Enzo Costa, Mario Medde e Francesca Ticca, «rappresenta un primo passo verso un'assemblea del popolo sardo che dia sostanza e forza ad una nuova stagione costituente, che riscriva lo statuto speciale e avvii le necessarie riforme istituzionali, e promuova, nel contempo, una nuova fase di crescita economica e di sviluppo per l'intera isola».
I sindacati chiamano in causa il Governo e la Regione. Se Berlusconi ha altro a cui pensare, Cappellacci risponde: con la proposta di un incontro nella prima settimana di luglio «senza voler minimamente interferire, e tantomeno condizionare, le azioni messe in campo dal sindacato», fa sapere da Bruxelles, ma solo per aprire «un confronto-ascolto per avere e fornire qualche elemento in più di comune riflessione. Ritengo, infatti, che il momento che stiamo attraversando richiede uno sforzo di coesione e di condivisione che non significa confusione di ruoli ma traduzione concreta del principio di responsabilità a carico di tutti i soggetti rappresentativi del popolo sardo». Detto da uno che attende da Roma qualunque indicazione, è già tanto. Ma anche molto scontato.

La determinazione dei sindacati, infatti, è ferma: ribadiscono la richiesta di istituire un tavolo di crisi regionale per le emergenze e di riaprire un tavolo nazionale a Palazzo Chigi su intesa istituzionale, norme sull'energia, continuità territoriale anche per le merci e attuazione dell'accordo sulla chimica. È questo il settore che anticipa gli altri, con lo sciopero in programma per il 24: è vertenza nazionale, ma in Sardegna interessa oltre 2500 lavoratori. Uno dei motivi per cui, fanno sapere i confederali, «andremo a Roma solo per sottoscrivere fatti concreti». Lo stop chimico sarà l'antipasto del grande corteo che il 10 luglio percorrerà le strade di Cagliari: appuntamento per cui i sindacati chiamano a raccolta tutti, per quella che dovrà essere una mobilitazione straordinaria.
«Ormai da nove mesi i dati della cassa integrazione, ordinaria e speciale, crescono in misura drammatica; le aree industriali del Sulcis, di Ottana e Portotorres sono allo stremo. La povertà della nostra regione è un dramma che coinvolge oltre 400mila persone e lo stesso tasso di disoccupazione cresce al 12,9 per cento. Si rende necessario e urgente il rilancio delle politiche sociali e la difesa del reddito familiare e del potere d'acquisto dei salari e delle pensioni». Secondo le segreterie regionali, «la vastità e profondità della crisi richiede una reazione straordinaria per metodi e contenuti», e per affrontarla occorre «un ampio fronte unitario che, partendo dai luoghi di lavoro, coinvolga le istituzioni locali e la Regione».
Ma è proprio viale Trento il bersaglio dell'attacco che parte da via Roma, Consiglio regionale, sponda Pd: «È una Giunta regionale priva di idee, del tutto inconcludente e pericolosa per la Sardegna perché incapace di aggredire una crisi davvero preoccupante». Parole di Giampaolo Diana, ex segretario della Cgil, primo firmatario di una mozione del partito sulla situazione economica e occupazionale dell'isola. Per fronteggiare la perdita di posti di lavoro - 30mila occupati in meno in un anno, dei quali 20mila nella sola industria, il Pd sollecita la Giunta ad aprire un nuovo confronto con il governo e con l'Eni «per far assumere, ai siti di Porto Torres e Assemini una valenza nazionale nel processo in atto di ottimizzazione e razionalizzazione, anche alla luce delle determinazioni che sta assumendo la Regione Veneto».
Una scossa, per la Giunta regionale, visto che «a tre mesi dalle elezioni regionali», dice il capogruppo Mario Bruno, «registriamo un immobilismo dell'esecutivo, che va al di là delle dichiarazioni programmatiche che rimandano a un piano di sviluppo e a un collegato alla finanziaria». In particolare, il Pd sollecita l'amministrazione regionale a reperire nel collegato alla -che dovrebbe essere approvato oggi in Giunta- le risorse sufficienti per dare risposta a tutti i cinquemila lavoratori privi di ammortizzatori sociali e per inserire nel nuovo provvedimento sia norme che risorse per la stabilizzazione dei tanti lavoratori precari.
La replica da viale Trento arriva immediata, per bocca dell'assessore alla Programmazione Giorgio La Spisa. Tutta personale, rivolta proprio all'ex numero uno della Cgil: «Abbiamo trovato una Regione in condizioni disastrose senza che ci fosse neppure il bilancio approvato. In cinque anni di Governo il centrosinistra ha sempre sbandierato che l'occupazione era in crescita costante. Ora si lancia in dichiarazioni che nascondono la causa del problema. Il vero pericolo arriva da chi, anziché tutelare i lavoratori, per cinque anni ha tentato di mostrare un mondo ovattato e inesistente». Se questo è il fronte unitario, c'è poco da stare tranquilli.

martedì 16 giugno 2009

Referendum Elettorale 21-22 Giugno 2009

1° e il 2° quesito: premio di maggioranza alla lista più votata e innalzamento della soglia di sbarramento
Le attuali leggi elettorali di Camera e Senato prevedono un sistema proporzionale con premio di maggioranza. Tale premio è attribuito su base nazionale alla Camera dei Deputati e su base regionale al Senato. Esso è attribuito alla “singola lista” o alla “coalizione di liste” che ottiene il maggior numero di voti.
Il fatto che sia consentito alle liste di coalizzarsi per ottenere il premio ha fatto sì che, alle ultime elezioni, si siano formate due grandi coalizioni composte di numerosi partiti al proprio interno. E la frammentazione è notevolmente aumentata.
Il 1° ed il 2° quesito (valevoli rispettivamente per la Camera dei Deputati e per il Senato) si propongono l’abrogazione del collegamento tra liste e della possibilità di attribuire il premio di maggioranza alle coalizioni di liste.
In caso di esito positivo del referendum, la conseguenza è che il premio di maggioranza viene attribuito alla lista singola (e non più alla coalizione di liste) che abbia ottenuto il maggior numero di seggi.
Un secondo effetto del referendum è il seguente: abrogando la norma sulle coalizioni verrebbero anche innalzate le soglie di sbarramento. Per ottenere rappresentanza parlamentare, cioé, le liste debbono comunque raggiungere un consenso del 4 % alla Camera e 8 % al Senato.
In sintesi: la lista più votata ottiene il premio che le assicura la maggioranza dei seggi in palio, le liste minori ottengono comunque una rappresentanza adeguata, purché superino lo sbarramento.
All’esito dell’abrogazione, resteranno comunque in vigore le norme vigenti relative all’indicazione del “capo della forza politica” (il candidato premier) ed al programma elettorale.
Gli effetti politico-istituzionali del 1° e del 2° quesito
Il sistema elettorale risultante dal referendum spingerà gli attuali soggetti politici a perseguire, sin dalla fase pre-elettorale, la costruzione di un unico raggruppamento, rendendo impraticabili soluzioni equivoche e incentivando la riaggregazione nel sistema partitico. Si potrà aprire, per l’Italia, una prospettiva tendenzialmente bipartitica. La frammentazione si ridurrà drasticamente. Non essendoci più le coalizioni scomparirà l’attuale schizofrenia tra identità collettiva della coalizione e identità dei singoli partiti nella coalizione. Con l’effetto che i partiti sono insieme il giorno delle elezioni e, dal giorno successivo, si combattono dentro la coalizione.
Sulla scheda apparirà un solo simbolo, un solo nome ed una sola lista per ciascuna aggregazione che si candidi ad ottenere il premio di maggioranza.
Le componenti politiche di ciascuna lista non potranno rivendicare un proprio diritto all’autonomia perché, di fronte agli elettori, si sono presentate come schieramento unico, una cosa sola. Nessuno potrà rivendicare la propria “quota” di consensi. E sarà molto difficile spiegare ai cittadini eventuali lacerazioni della maggioranza. Lo scioglimento del Parlamento una volta che è entrata in crisi una maggioranza votata compattamente dagli elettori potrebbe essere politicamente molto probabile.
L’eliminazione di composite e rissose coalizioni imporrà al sistema politico una sterzata esattamente opposta all’attuale. Piuttosto che l’inarrestabile frammentazione in liste e listine, minacce di scissioni e continue trattative tra i partiti, il nuovo sistema imporrà una notevole semplificazione, lasciando comunque un diritto di rappresentanza anche alle forze che non intendano correre per ottenere una maggioranza di Governo, purché abbiano un consenso significativo e superino la soglia di sbarramento.
Il 3° quesito: abrogazione delle candidature multiple e la cooptazione oligarchica della classe politica
Un terzo quesito referendario colpisce un altro aspetto di scandalo. Oggi la possibilità di candidature in più circoscrizioni (anche tutte!) dà un enorme potere al candidato eletto in più luoghi (il “plurieletto”). Questi, optando per uno dei vari seggi ottenuti, permette che i primi dei candidati “non eletti” della propria lista in quella circoscrizione gli subentrino nel seggio al quale rinunzia. Egli così, di fatto, dispone del destino degli altri candidati la cui elezione dipende dalla propria scelta. Se sceglie per sé il seggio “A” favorisce l’elezione del primo dei non eletti nella circoscrizione “B”; se sceglie il seggio “B” favorisce il primo dei non eletti nella circoscrizione “A”. Nell’attuale legislatura, questo fenomeno, di dimensioni veramente patologiche, coinvolge circa 1/3 dei parlamentari. In altri termini: 1/3 dei parlamentari sono scelti dopo le elezioni da chi già è stato eletto e diventano parlamentari per grazia ricevuta. Un esempio macroscopico di cooptazione!
E’ inevitabile che una tale disciplina induca inevitabilmente ad atteggiamenti di sudditanza e di disponibilità alla subordinazione dei cooptandi, atteggiamenti che danneggiano fortemente la dignità e la natura della funzione parlamentare. Inoltre i parlamentari subentranti (1/3, come si è detto) debbono la propria elezione non alle proprie capacità, ma alla fedeltà ad un notabile, che li premia scegliendoli per sostituirlo.
Con l’approvazione del 3° quesito la facoltà di candidature multiple verrà abrogata sia alla Camera che al Senato.


venerdì 12 giugno 2009

Siluro di Fare Verde per l’amministrazione comunale di Ussana

Presa di posizione del movimento ambientalista, vicino al centrodestra, Fare Verde di cui è presidente Simone Spiga, esponente del PDL. L’associazione, dopo un sopralluogo, ha deciso di mandare una lettera all’amministrazione di Ussana circa lo stato di abbandono del parco giochi vicino alla piazza Aldo Moro. Il Partito Democratico e il gruppo consiliare “Ussana democratica” non possono che condividere questa presa di posizione visto che in tutti questi anni abbiamo fatto notare (invano) all'amministrazione questo problema con interrogazioni in Consiglio comunale e volantini informativi: speriamo, visto che il problema è stato posto da una associazione loro vicina, si convincano della bontà delle nostre proteste, e vogliano finalmente dare uno spazio adeguato ai bambini di Ussana. Se anche un'associazione vicina alla maggioranza di Ussana ha da ridere sulla gestione degli spazi pubblici, e ancor più grave rivolti ai bambini, significa essere di fronte alla totale inadeguatezza di questa maggioranza. Gestione degli spazi pubblici, periferia dimenticata, mondo giovanile, zona industriale, club house, i maggiori temi che a distanza di 10 anni aspettano ancora una risposta: tra non più di un anno ci saranno le elezioni comunali e noi vogliamo diventare maggioranza di governo e prenderci la responsabilità di affrontare questi e tanti altri temi che non sono stati affrontati per la paura di perdere consenso, ma che hanno lasciato il paese molto indietro rispetto ai paesi limitrofi.
Questo il comunicato apparso su www.fareverdecagliari.tk :
“Parco Giochi per bambini abbandonato a Ussana (CA)”
L'Associazione Ambientalista Fare Verde nella giornata di Mercoledì 10 Giugno ha effettuato un sopralluogo presso il Parco Giochi sito nella Piazza Aldo Moro proprio nel centro del paese, per verificare il completo stato di abbandono dell'area giochi. Fare Verde, Associazione riconosciuta dal Ministero dell'Ambiente, intende segnalare all'Amministrazione Comunale di Ussana la necessità di un rapido intervento di riqualificazione e di messa in sicurezza dell'area e dei terreni circostanti. "Segnaliamo una totale mancanza di controllo negli orari di apertura, ci sono molte sterpaglie e non ci sono stati interventi per il ripristino dell'area giochi", afferma Simone Spiga, Rersponsabile Provinciale di Fare Verde. "Fare Verde ha anche fatto un reportage fotografico per segnalare l'abbandono di quest'area e ha inviato all'Amministrazione una lettera per chiedere un intervento urgente; anche perchè con l'arrivo del caldo quello spazio può tornare ad essere un punto di ritrovo per famiglie intere"..."va inoltre bonificata tutta l'area intorno al parco, numerosi campi circondano la Piazza si trovano in stato di abbandono, prima che zecche e pulci impestino la zona è necessario far rispettare l'ordinanza relativa alla pulizia delle aree incolte", conclude Simone Spiga, Responsabile di Fare Verde.

giovedì 11 giugno 2009

Monumenti aperti e videointervista

Settimo week-end di Monumenti Aperti: 13 e 14 giugno

Ricco fine settimana, ultimo prima della pausa estiva, del tour regionale di Monumenti Aperti: sabato 13 e domenica 14 giugno ben 16 comuni, situati in diverse aree della Sardegna, ospiteranno la Manifestazione, per un totale di 43 monumenti. La Barbagia sarà rappresentata dai comuni di Gavoi, Lodine, Ollolai, Olzai, Oniferi, Ovodda, Sarule e Tiana: i visitatori potranno apprezzare siti di interesse archeologico, culturale e religioso. Il Basso Campidano vedrà protagonisti della Manifestazione Monastir, Nuraminis, Samatzai, San Sperate, Ussana e Villasor, aprendo le porte di antiche chiese, spazi aperti e musei o antiche case campidanesi. Presenti inoltre la provincia di Sassari col comune di Olmedo e il Parco Geominerario della Sardegna con Orani. Il sito http://new.monumentiaperti.com/index.php ha nei suoi itinerari i seguenti monumenti per Ussana:


Visto che siamo in tema di storia del nostro paese, vi vogliamo proporre una bellissima intervista al sig. Edmondo Murenu, memoria storica del nostro paese, che abbiamo trovato su http://www.sardegnadigitallibrary.it/index.php?xsl=626&id=195172

lunedì 8 giugno 2009

Europee 2009. Ussana: PD al 40%!

Grande successo per il Partito Democratico di Ussana che prende il 40% dei voti staccando di quasi 10 punti il PDL. Più di cento i voti che separano il primo partito di Ussana dal partito di Berlusconi. Buone anche le prove dei partiti più a sinistra (Sinistra e libertà insieme a Rifondazione-Comunisti Italiani) che insieme superano col 12% l'UDC capeggiato dal sindaco, che si ferma all'8.8%. Molto positivo anche l'andamento del voto per l'Italia dei Valori che prende in percentuale il 5.1%. Questi dati sono di ottimo auspicio per le elezioni amministrative del 2010, quindi grazie agli elettori del PD di Ussana. Sotto tutti i dati:

  • Sinistra e Libertà: voti: 43 (3.3%)
  • MPA-La destra: voti 7 (0.5%)
  • Rifondazione-Comunisti Italiani: voti 113 (8.7%)
  • LD: voti 1 (0.1%)
  • PDL: voti 405 (31.1%)
  • Pannella-Bonino: voti 20 (1.5%)
  • PD: voti 521 (40%)
  • UDC: voti 114 (8.8%)
  • Lega Nord: voti 6 (0.5%)
  • Fiamma tricolore: voti 4 (0.3%)
  • Italia dei Valori: voti 67 (5.1%)

A livello regionale, il Partito Democratico riparte dalle europee. Con 120 circoli, 22mila tesserati e 196mila voti alle europee con una percentuale del 35,60 per cento. La nuova sfida del PD parte dalla Sardegna. In questa tornata elettorale il Pd si ferma a meno di un punto percentuale dal Pdl. Un dato significativo soprattutto se si raffrontano i dati delle europee con quelli delle regionali di qualche mese fa.

giovedì 4 giugno 2009

Sta tornando la festa de L'Unità....

L'immancabile festa dei primi di agosto di ogni anno si sta preparando a tornare anche nel 2009! Più che un evento, unico e frammentato nel tempo, le feste dell'Unità rappresentano una continuità di punti nella storia recente del nostro paese. Legate a "l'Unità", quotidiano nazionale di riferimento della sinistra italiana, fin dalla fine della seconda guerra mondiale esse hanno rappresentato un modo diverso di fare politica: genuino, sanguigno, in una sola parola: vivo. Per diffusione territoriale, si svolgono nella stragrande maggioranza dei comuni italiani, e per durata, le feste iniziano nella tarda primavera e si protraggono fino ad ottobre, sono un fenomeno unico nel panorama delle iniziative politiche italiane e forse europee. Il volontariato e una struttura organizzativa adeguata alla grandezza della rete fanno in modo che all'interno di esse possano convivere momenti di dibattito politico e sociale, iniziative di solidarietà, intrattenimenti leggeri come concerti musicali e spettacoli in genere ed immancabili momenti gastronomici. Il successo della festa de l'Unità sta nella sua continuità generazionale che ha fatto in modo che essa non si fossilizzasse come festa di partito ma riuscisse, nel tempo, a proporre ai giovani come ai meno giovani, temi di interesse continuamente aggiornati. Pur in tempo di crisi, anche quest'anno non mancheranno i momenti di svago e quelli di riflessione, e tutto ciò che ha contraddistinto la festa in questi anni. Chi vuole partecipare ai preparativi della festa, giovane o meno giovane, è il benvenuto! Abbiamo anche aperto un gruppo su facebook per tenere gli iscritti aggiornati. Vi aspettiamo!

mercoledì 3 giugno 2009

La Coldiretti attacca la Regione: "Adesso basta con i proclami"

La Coldiretti, l’associazione che rappresenta il 70% dei lavoratori dei campi sardi, non prenderà parte oggi alla «Giornata dell’agricoltura», organizzata dalla Regione Sardegna. La decisione viene da lontano ma è stata messa per iscritto ieri in una lettera aperta al governatore Ugo Cappellacci, e firmata dal presidente e dal direttore della Coldiretti, Marco Scalas e Luca Saba.
Tre cartelle amare sui problemi del comparto e addirittura cupa: «Chi lavora in campagna è allarmato dalla crisi e soprattutto sa di non poter nutrire speranza nel futuro», si legge nella lettera. Ieri a Badde Salighes, nelle campagne di Bolotana, si è parlato «di agricoltura multifunzionale» per l’organizzazione dell’assessorato all’Agricoltura. Un’occasione per parlare di rilancio e una festa campestre per chi vi parteciperà.
Coldiretti non ci sta: «Riteniamo di non partecipare e non sostenere la Giornata dell’Agricoltura di cui non si conoscono né i contenuti, né gli scopi». Ma i richiami della Coldiretti all’assessore Prato e alla giunta erano precedenti alla decisione di non partecipare all’evento di ieri. Che cosa è accaduto nel rapporto tra Regione e la maggiore organizzazione degli agricoltori (per il numero di iscritti)?
Spiega il direttore Luca Saba: «Noi chiediamo che sia garantita l’operatività dei principali settori che necessitano di un indirizzo nella programmazione strategica di un piano di sviluppo. Sinora abbiamo visto solo fughe in avanti su argomenti che saranno pure importanti ma non sfiorano la programmazione. Vogliamo capire se la Regione intende investire nel futuro sapendo che ci sarà un aumento di popolazione e, di contro, una diminuzione delle superfici coltivate». L’accusa alle istituzione è quindi di essere troppo lontane dai problemi reali del mondo dei campi ma anche di aver «tradito» il principio della concertazione: «È una concertazione falsa o siamo noi che non la stiamo capendo»? chiede Luca Saba. Un esempio è anche la Giornata dell’Agricoltura: «Ci hanno chiesto di partecipare alla Giornata dell’agricoltura qualche giorno prima. Ma di partecipare a che cosa se non c’era nemmeno un programma»?
Qualcosa si è mosso per far arrivare alle aziende un po’ di liquidità ma, a giudizio degli agricoltori, si trattava di risorse, peraltro dovute, che ritardavano da circa un anno. Importante ma tra crisi settoriali e i danni delle calamità naturali, l’agricoltura sarda ha bisogno di programmare un futuro e smettere di vivere alla giornata; dal settore ovino che occupa decine di migliaia di persone, ai produttori di olio d’oliva, agli allevatori. La crisi più grave è, in definitiva, quella delle prospettive: «Abbiamo la necessità di rispondere alle nostre imprese», scrivono Scalas e Saba a Cappellacci, «perché se le crisi si possono superare, l’assenza di un futuro diventa uno spettro che induce gli imprenditori a cambiare settore». La lettera aperta -precisano i vertici della Coldiretti- non rappresenta nè uno strappo né una rottura con la giunta Cappellacci: «Saremo sempre costruttivi». Ma ai problemi davvero impellenti, dice Saba, «non si può rispondere con proclami e avvenimenti che servono a dimostrare che c’è interesse per l’agricoltura. A parole».