venerdì 19 dicembre 2008

Direzione Pd, Veltroni: innoviamo o saremo travolti

Per Berlusconi i dirigenti del Pd non sono altro che «sbandati, in uno stato confusionale». Ma Walter Veltroni iniziando la riunione della Direzione del suo partito - la più difficile della sua vita, sulla questione morale - non è sembrato sbandato o fragile. Ha iniziato invocando il pugno duro contro i corrotti. Non c'è posto per i disonesti nel Pd, ha detto. «Verremmo meno alle nostre responsabilità se pensassimo e ci comportassimo diversamente». Il Partito democratico, a ben ricordare, è nato anche per dare una soluzione al problema della questione morale. Dunque per primo si deve «reprimere il malcostume politico se nell'immediato dovremo pagare in termini di consenso elettorale». È chiaro che i magistrati devono continuare la loro opera, scoprire le magagne nelle amministrazioni. Nenache si vuol mettere la sordina alle inchieste, come aveva già chiarito Massimo D'Alema. I magistrati devono però, dice Veltroni, stare attenti quando arrestano qualcuno perchè a causa della cortocircuitazione mediatica l’arresto - un mezzo «estremo, da usare con prudenza»- può distruggere una persona. Specie se un politico, viene da aggiungere. E quando sono più di due o tre, anche un partito: ma questo Veltroni non lo dice, anche se si legge in controluce.Veltroni punta sull’orgoglio degli amministratori onesti, «siamo gente per bene», anche se non nega che ci sia «attorno a tutti i partiti», sottolinea, «un'area grigia e paludosa, dove competenza e professionalità diventa carrierismo politico». Il Pd non è ad un passo dal baratro ma ci si sta pericolosamente avvicinando. «Il Pd è nato da una sintesi tra continuità e innovazione» – spiega il segretario – ora però con la crisi economica, si pone «un'alternativa secca e drammatica: o innoviamo o falliamo, o facciamo un'innovazione politica e programmatica o rischiamo di essere travolti». Dunque l’indicazione è «saltare nel futuro». Perchè i segnali sono chiari: «l'astensionismo nel voto in Abruzzo e i consensi all'Idv sono il sintomo non la causa del malessere».«Tutto si può accettare - ha proseguito Veltroni - tranne lezioni da chi ha messo nelle proprie liste e tra i propri eletti indagati di camorra e mafia» e in particolar modo dal premier Berlusconi che ha affrontato la questione morale con le leggi ad personam. Lui rilancia però, vuole vincere, l’obiettivo resta quello di diventare il primo partito, spodestare il Pdl. Ma non da solo. E no, non romperà ogni rapporto con L’Italia dei Valori, come gli chiedeva una parte del partito – Tonini ad esempio – e come vorrebbe anche il Pdl. Il Pd e Di Pietro fanno due opposizioni diverse, ribadisce. «Il punto di debolezza dell'Idv è che alimenta le polemiche con noi, ma non si cimenta con la sfida dell'innovazione». La distanza è stata già manifestata in tre occasioni: «Quando ha stracciato l'accordo elettorale di fare un gruppo insieme, quando abbiamo deciso di non andare in piazza Navona». Ed è vero che non sono state poche le frizioni anche durante il governo Prodi. Ma -aggiunge Veltroni – «questo non significa che a livello locale, anche con Udc e Prc, non ci possano essere convergenze su programmi e buona amministrazione».Si tratta di buttare lo schema dell'alleanza sinistra- centro «che è novecentesco e il pd è un partito di centrosinistra». E anche di fare sposalizi o lungi fidanzamenti con altre forze politiche. Niente monogamia, insomma. Ma niente splendida solitudine. «Non faremo tutto da soli, ma le nuove alleanze dovranno essere fondate sull'innovazione e il cambiamento. E deve essere una alleanza affidabile alla prova della tenuta di governo». È dunque lo schema delle alleanze programmatiche. Niente isolamento neanche in Europa. Così Veltroni risolve il problema di sfondo della collocazione internazionale del Pd basandosi su due capisaldi: «difendere l'autonomia della sua identità democratica ma anche costruire il progetto riformista europeo perseguendo un sistema di alleanze a cominciare dai socialisti europei». Quanto alla riorganizzazione interna si vuole evitare che il meccanismo delle primarie – pur definito «uno straordinario strumento di democrazia» - non possono diventare un'ideologia. «Sarebbe tragico se il Pd si trasformasse in un partito che ha la sua occupazione esclusiva nella discussione delle regole».Niente congresso anticipato, non se ne parla. Ci sarà però una conferenza programmatica – di fatto un pre congresso – a marzo, quindi prima delle europee. Con l’avvertenza a non aumentare la litigiosità interna, già arrivata a punto limite. «Stiamo rischiando di finire come l'Unione, di segare l'albero su cui tutti si è seduti». Fino ad allora il segretario eletto con le primarie Pd propone un impegno su alcuni temi: la rivoluzione ecologica dell’economia, il voto da estendere ai 16enni e una riforma che metta mano ai costi della politica. Su questo Veltroni propone di ripartire dal pacchetto di proposte Violante da riproporre direttamente in Parlamento, contiene la riduzione del numero dei parlamentari e la trasformazione del Senato in un Senato federale. Quanto alla riforma della giustizia la proposta è quella di aprire un tavolo con tutti i soggetti interessati, maggioranza e opposizione, che in 60 giorni arrivi ad un testo condiviso. Ribadendo però la linea del ministro ombra Tenaglia che la riforma «non si deve fare nè contro i magistrati nè contro gli avvocati, come invece vorrebbe fare il governo». Sulla riforma della legge elettorale invece la preferenza del segretario Pd va, come è sempre andata, al ritorno al collegio uninominale sul modello francese «ma non abbiamo preclusioni di principio», aggiunge ora. «Quello che noi vogliamo però è un sistema elettorale che consenta ai cittadini di scegliere i candidati al parlamento e decidere la maggioranza di governo». Quindi «le preferenze non sono per noi la soluzione ideale – continua Veltroni - anche se vanno mantenute in Europa dove va introdotta una soglia di sbarramento per evitare la frammentazione».

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