sabato 30 agosto 2008

Il Ministro Brunetta accusato di assenteismo. Le caste intoccabili: la spada nel burro e la piramide del potere

Il Piccolo di Trieste, citando il sito web radicale “Fai notizia”, evidenzia che il Ministro Brunetta, che ha annunciato battaglia contro i fannulloni nella Pubblica Amministrazione, è stato tra gli euro parlamentari italiani più assenteisti. Il ministro si piazza al 611/mo posto come presenze tra gli euro parlamentari, con una percentuale del 48,21%. Tuttavia non è l’unico affondo contro il Ministro della Funzione Pubblica. Infatti si registra l’intervento di Alessandro Repetto, Presidente della Provincia di Genova, che con una lettera al Rettore dell’Università di Roma “Tor Vergata”, dove il Ministro è titolare di cattedra, ha chiesto di rendere pubblici i dati relativi all’impegno del professor Brunetta e i relativi compensi, relativamente agli anni in cui era Parlamentare Europeo. Al Magnifico Rettore dell’Università di “Tor Vergata”, il Presidente Repetto, ha chiesto ufficialmente, “nello spirito del principio di leale cooperazione istituzionale sancito dall’art 22 della Legge 241/90, se tra il 1999 e il 2008 il Prof. Brunetta, Professore Ordinario di Economia del Lavoro presso l’Università romana, abbia preso aspettativa o, in caso contrario, come abbia conciliato tutti i propri incarichi”. “E qualora abbia mantenuto attivo il proprio incarico di professore ordinario, quante ore di presenza abbia garantito e mantenuto a “Tor Vergata”, con quali retribuzioni relative ed eventuali ulteriori consulenze”. La richiesta è espressa in rispetto e sintonia con la stessa Operazione Trasparenza promossa e avviata dal neo Ministro. Continua il Presidente della Provincia di Genova: “In questi giorni è aperto il dibattito sull’efficienza e l’impegno lavorativo dei dipendenti pubblici, un tema portato agli onori della cronaca dal neo Ministro Prof. Renato Brunetta. Ricercando questo spirito nel nostro Ministro, sono rimasto molto colpito dal curriculum del Professor Brunetta, che vanta un passato illustre e prestigioso di attività e incarichi sia politici sia scientifici”. “Scorrendo dunque l’elenco dei rilevanti impegni, risaltano in particolare quelli politici che, a partire dal 1999 fino al 2008, lo hanno visto deputato al Parlamento europeo con l’incarico di Vicepresidente della Commissione per l’Industria, la Ricerca e l’Energia e membro delle delegazioni parlamentari miste UE-Croazia e UE-Turchia, oltre che della delegazione per le relazioni con la Repubblica popolare cinese”. Non è tenero col Ministro neanche Francesco Merlo che su Repubblica commenta: “…E basti pensare ai professori universitari - anche Brunetta lo è - che infatti non si contentano del doppio lavoro ma arrivano al triplo e al quadruplo, con le consulenze, gli articoli, la politica”. “Insomma, non si capisce perché il doppio lavoro porti lustro e credito sociale al professore universitario e al barone accademico che tanto più è stimato quanto meno si fa vedere all'università, e porti invece decurtamenti dello stipendio, licenziamento, disprezzo, ammiccamenti e smorfie moralistiche all'impiegato di concetto che di sera si trasforma in piccolo muratore”. Un attacco concentrico, una reazione “uguale e contraria” come nelle leggi della fisica. Una riflessione è d’obbligo: nessuno propugna di più l’uguaglianza e la giustizia, di chi ritiene di essere più uguale degli altri. Le regole in fin dei conti valgono per i comuni mortali e non per gli unti dal Signore. Si apre una stagione di lacrime e sangue per gli impiegati pubblici, ma i baronati non vengono scalfiti, le caste restano immuni e attraversano tutti i governi, di centro, di destra e di sinistra, come la spada entra nel burro. I moralizzatori salgono sul palco montato dal discredito, e dall’alto di redditi pari a 15/20.000 Euro al mese, arringano le folle e tagliano per Decreto il salario delle guardie carcerarie che hanno uno stipendio di 1.350 euro al mese. Decreto Legge perché il provvedimento è “necessario e urgente”. Mentre i prezzi corrono incontrollabili. Un esempio per tutti. La Finanziaria di Prodi, nel testo originale, prevedeva (per la seconda volta) che gli atti di compravendita di immobili, fino ad un valore di 100.000 Euro, potessero essere conclusi da un pubblico Ufficiale diverso dal Notaio, come i Segretari comunali. Questo provvedimento è stato immediatamente stralciato (meglio stracciato) dalla Legge e non se ne è più parlato, neanche sui media. La potente casta dei Notai è intoccabile. Prodi e Bersani non ce l’hanno fatta. E allora cosa rimane delle campagne moralizzatrici? Della caccia al fannullone da dare in pasto al popolo delle Partite IVA? Rimane il sospetto che tutto sia preordinato a fare cassa, a privatizzare interi pezzi della Funzione Pubblica: a delegittimare l’apparato pubblico, per poterlo sostituire con qualcosa di diverso … e sconosciuto. La Pubblica amministrazione non piace quando non funziona: piace ancor meno quando fa il suo dovere, quando controlla gli evasori, quando verifica i comportamenti di chi vuole approfittare. E paradossalmente si depotenziano oggi le Strutture cui sono affidati i controlli fiscali. Tornano in mente le dichiarazioni di Silvio Berlusconi, rilasciate in più occasioni, in merito alla comprensibilità “morale” dell’evasione a fronte della pressione fiscale esistente in Italia: ma quale è per il Cavaliere il limite sotto il quale evadere il fisco diventa non solo illecito, ma “moralmente” censurabile? Gli effetti di questa nuova stagione “moralizzatrice” e di ricerca di “efficientismo” della macchina pubblica, non sono ancora del tutto delineati, solo due certezze: il taglio del salario dei pubblici dipendenti e l’orizzonte di un contratto da 60 Euro. Oltre l’orizzonte…l’indigenza. E’ accreditata anche un’altra tesi: si sta stringendo il cerchio sul pubblico impiego, per cambiare le regole contrattuali anche del lavoro privato. E viene subito in mente la scena di Metropolis, con gli operai automi che lavorano 24 ore al giorno. Ma c’è un’altra certezza: le caste intoccabili possono continuare a dormire sonni tranquilli; nessun divieto di cumulo di incarichi per i Deputati, per i Baroni delle Università e degli ospedali. Sarà sufficiente, per presentarsi immacolati al popolo plaudente, tagliare la testa di qualche impiegato pubblico, fare qualche visita fiscale la mattina di Natale ed il pomeriggio del prossimo Ferragosto, mostrare i sacchetti col denaro tolto dal salario accessorio, per potersi presentare come Robin Hood che ha tolto ai ricchi impiegati per dare ai poveri notai. Saranno immacolati e senza colpa, i custodi della morale, i sacerdoti della giustizia sociale, incaricati di precipitare dalla piramide del potere i cadaveri dei dipendenti pubblici, per lasciarli cadere verso il popolo che troppo tardi si accorgerà di cibarsi di se stesso. Perché il pubblico impiego, il suo indotto e le famiglie che rappresenta, equivalgono a un terzo della Nazione, assicurano un servizio insostituibile e sono i garanti di una funzione vitale per la democrazia del Paese...se ancora interessa.

venerdì 29 agosto 2008

L'allievo ripetente

Questa sì che è una notizia: il nostro premier è un allievo di Giovanni Falcone ed è ansioso di “mettere in pratica molte sue idee in materia di giustizia”. Dev’essere per questo che si tenne in casa per due anni un mafioso travestito da stalliere, Vittorio Mangano, poi fatto arrestare e condannare da Falcone a 11 anni per mafia e traffico di droga. Dev’essere per questo che da 30 anni va a braccetto con Marcello Dell’Utri, condannato a 9 anni per mafia dal Tribunale presieduto da Leonardo Guarnotta, già membro del pool antimafia con Falcone e Borsellino. Dev’essere per questo che, quattro mesi fa, definì “eroe” Mangano, l’uomo che, scarcerato nel 1991, era divenuto reggente del mandamento di Porta Nuova e come tale aveva preso parte alla decisione della Cupola di Cosa Nostra di uccidere Falcone e Borsellino, e che poi fu riarrestato per tre omicidi per cui fu condannato due volte all’ergastolo in primo grado, dopodichè morì nel 2000. Dev’essere per questo che, nel 2003, dichiarò che i magistrati sono“matti, antropologicamente diversi dal resto della razza umana”, perché “per fare quel mestiere devi avere delle turbe psichiche”, parole che fecero insorgere Maria Falcone e Rita Borsellino, poi costrette a querelare Schifani per averle insultate. Dev’essere per questo che il centrodestra ha riportato in Cassazione, con una legge ad hoc, il già pensionato Corrado Carnevale, nemico acerrimo di Falcone e grande annullatore di condanne di mafiosi: il giudice “ammazzasentenze” che, in varie telefonate intercettate nel 1993-’94 (dopo Capaci e via d’Amelio), definiva spregiativamente “i dioscuri” Falcone e Borsellino, li dipingeva come due incapaci con “un livello di professionalità prossimo allo zero”, chiamava Falcone “quel cretino” e “faccia da caciocavallo”, aggiungeva “Io i morti li rispetto, ma certi morti no”, “a me Falcone... non m’è mai piaciuto”, poi insinuava addirittura che Falcone facesse inserire in Corte d’appello la moglie Francesca Morvillo per pilotare i processi e “fregare qualche mafioso”. Dev’essere per questo che ancora un mese fa i berluscones annidati nel Csm hanno votato per la nomina di un altro nemico giurato di Falcone, Alberto Di Pisa, a procuratore capo di Marsala contro il candidato designato dalla commissione, Alfredo Morvillo, cognato di Falcone. Anziché rammentare allo Smemorato di Cologno questi semplici dati di fatto, politici e commentatori di chiara fama e fame si son subito avventurati nell’esegesi del pensiero di Falcone sulla separazione delle carriere e l’obbligatorietà dell’azione penale. Senz’accorgersi (o accorgendosi benissimo) che, scendendo sul suo terreno truffaldino, la danno vinta al premier. Come hanno giustamente osservato la sorella Maria e Peppino Di Lello, che col giudice lavorò fianco a fianco nel pool, Falcone non chiese mai la separazione delle carriere né la fine dell’azione penale obbligatoria. Si limitò, senza indicare soluzioni, a porre il problema di una distinzione delle funzioni tra pm e giudici (“comincia a farsi strada la consapevolezza che la carriera dei pm non può essere identica a quella del magistrati giudicante: investigatore l’uno, arbitro l’altro”), che fra l’altro oggi è già ipergarantita dalle ultime controriforme, e di una “visione feticistica della obbligatorietà dell’azione penale”. Ma era il 1988 e non c’era ancora al governo un premier plurimputato, pluriprescritto e plurimpunito grazie a leggi da lui stesso varate. E, soprattutto, Falcone pose quei problemi per tutelare meglio l’indipendenza di tutta la magistratura dalla politica e l’efficacia dei processi (negli Usa l’azione penale discrezionale consente persino di garantire l’immunità ai mafiosi pentiti in cambio della collaborazione). Berlusconi pone gli stessi problemi, ma con tutt’altri scopi: non quelli di Falcone, ma quelli della P2, di cui era membro con tessera n.1816: mettere le procure e l’azione penale al guinzaglio del governo o comunque della politica. E poi c’è un fatto che taglia la testa al toro: fino al 1989 Falcone era giudice istruttore, carriera giudicante. Poi fece domanda al Csm e passò alla requirente, cioè divenne pm, procuratore aggiunto a Palermo. Stesso percorso fece Borsellino, prima giudice, poi procuratore a Marsala, infine aggiunto a Palermo. Con le carriere separate, non avrebbero mai potuto. Di che parla, dunque, questo presunto allievo di Falcone? Prenda qualche ripetizione, possibilmente non da Dell’Utri, poi si ripresenti all’esame.

Marco Travaglio

fonte: [http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/]

mercoledì 27 agosto 2008

IL NOSTRO POSTO

Vi proponiamo l'articolo, molto bello e toccante, del nuovo direttore de L'Unità: Concita de Gregorio.

Sono cresciuta in un Paese fantastico di cui mi hanno insegnato ad essere fiera. Sono stata bambina in un tempo in cui alzarsi a cedere il posto in autobus a una persona anziana, ascoltare prima di parlare, chiedere scusa, permesso, dire ho sbagliato erano principi normali e condivisi di una educazione comune. Sono stata ragazza su banchi di scuola di città di provincia dove gli insegnanti ci invitavano a casa loro, il pomeriggio, a rileggere ad alta voce i testi dei nostri padri per capirne meglio e più piano la lezione. Sono andata all’estero a studiare ancora, ho visto gli occhi sbigottiti di coloro a cui dicevo che se hai bisogno di ingessare una frattura, nei nostri ospedali, che tu sia il Rettore dell’Università o il bidello della Facoltà fa lo stesso, la cura è dovuta e l’assistenza identica per tutti. Sono stata una giovane donna che ha avuto accesso al lavoro in virtù di quel che aveva imparato a fare e di quel che poteva dare: mai, nemmeno per un istante, ho pensato che a parità di condizioni la sorte sarebbe stata diversa se fossi stata uomo, fervente cattolica, ebrea o musulmana, nata a Bisceglie o a Brescia, se mi fossi sposata in chiesa o no, se avessi deciso di vivere con un uomo con una donna o con nessuno. Ho saputo senza ombra di dubbio che essere di destra o di sinistra sono cose profondamente diverse, radicalmente diverse: per troppe ragioni da elencare qui ma per una fondamentale, quella che la nostra Costituzione – una Costituzione antifascista - spiega all’articolo 2, proprio all’inizio: l’esistenza (e il rispetto, e il valore, e l’amore) del prossimo. Il “dovere inderogabile di solidarietà” che non è concessione né compassione: è il fondamento della convivenza. Non erano mille anni fa, erano pochi. I miei genitori sapevano che il mio futuro sarebbe stato migliore del loro. Hanno investito su questo – investito in educazione e in conoscenza – ed è stato così. È stato facile, relativamente facile. È stato giusto. Per i nostri figli il futuro sarà peggiore del nostro. Lo è. Precario, più povero, opaco.Chi può li manda altrove, li finanzia per l’espatrio, insegna loro a “farsi furbi”. Chi non può soccombe. È un disastro collettivo, la più grande tragedia: stiamo perdendo la fiducia, la voglia di combattere, la speranza. Qualcosa di terribile è accaduto negli ultimi vent’anni. Un modello culturale, etico, morale si è corrotto. La politica non è che lo specchio di un mutamento antropologico, i modelli oggi vincenti ne sono stati il volano: ci hanno mostrato che se violi la legge basta avere i soldi per pagare, se hai belle le gambe puoi sposare un miliardario e fare shopping con la sua carta di credito. Spingi, salta la fila, corrompi, cambia opinione secondo la convenienza, mettiti al soldo di chi ti darà una paghetta magari nella forma di una bella presidenza di ente pubblico, di un ministero. Mettiti in salvo tu da solo e per te: gli altri si arrangino, se ne vadano, tornino a casa loro, crepino. Ciò che si è insinuato nelle coscienze, nel profondo del Paese, nel comune sentire è un problema più profondo della rappresentanza politica che ha trovato. Quello che ora chiamiamo “berlusconismo” ne è stato il concime e ne è il frutto. Un uomo con un potere immenso che ha promosso e salvato se stesso dalle conseguenze che qualunque altro comune cittadino avrebbe patito nelle medesime condizioni - lo ha fatto col denaro, con le tv che piegano il consenso - e che ha intanto negli anni forgiato e avvilito il comune sentire all’accettazione di questa vergogna come fosse “normale”, anzi auspicabile: un modello vincente. È un tempo cupo quello in cui otto bambine su dieci, in quinta elementare, sperano di fare le veline così poi da grandi trovano un ricco che le sposi. È un tempo triste quello in cui chi è andato solo pochi mesi fa a votare alle primarie del Partito Democratico ha già rinunciato alla speranza, sepolta da incomprensibili diaspore e rancori privati di uomini pubblici. Non è irrimediabile, però. È venuto il momento di restituire ciò che ci è stato dato. Prima di tutto la mia generazione, che è stata l’ultima di un tempo che aveva un futuro e la prima di quello che non ne ha più. Torniamo a casa, torniamo a scuola, torniamo in battaglia: coltivare i pomodori dietro casa non è una buona idea, metterci la musica in cuffia è un esilio in patria. Lamentarsi che “tanto, ormai” è un inganno e un rifugio, una resa che pagheranno i bambini di dieci anni, regalargli per Natale la playstation non è l’alternativa a una speranza. “Istruitevi perché abbiamo bisogno di tutta la vostra intelligenza”, diceva l’uomo che ha fondato questo giornale. Leggete, pensate, imparate, capite e la vita sarà vostra. Nelle vostre mani il destino. Sarete voi la giustizia. Ricominciamo da qui. Prendiamo in mano il testimone dei padri e portiamolo, navigando nella complessità di questo tempo, nelle mani dei figli. Nulla avrà senso se non potremo dirci di averci provato.Questo solo posso fare, io stessa, mentre ricevo da chi è venuto prima di me il compito e la responsabilità di portare avanti un grande lavoro collettivo. L’Unità è un pezzo della storia di questo Paese in cui tutti e ciascuno, in tempi anche durissimi, hanno speso la loro forza e la loro intelligenza a tenere ferma la barra del timone. Ricevo in eredità - da ultimo da Furio Colombo ed Antonio Padellaro – il senso di un impegno e di un’impresa. Quando immagino quale potrebbe essere il prossimo pezzo di strada, in coerenza con la memoria e in sintonia con l’avvenire, penso a un giornale capace di parlare a tutti noi, a tutti voi di quel che anima le nostre vite, i nostri giorni: la scuola, l’università, la ricerca che genera sapere, l’impresa che genera lavoro. Il lavoro, il diritto ad averlo e a non morirne. La cura dell’ambiente e del mondo in cui viviamo, il modo in cui decidiamo di procurarci l’acqua e la luce nelle nostre case, le politiche capaci di farlo, il governo del territorio, le città e i paesi, lo sguardo oltreconfine sull’Europa e sul mondo, la solidarietà che vuol dire pensare a chi è venuto prima e a chi verrà dopo, a chi è arrivato da noi adesso e viene da un mondo più misero e peggiore, solidarietà fra generazioni, fra genti, fra uguali ma diversi. La garanzia della salute, del reddito, della prospettiva di una vita migliore. Credo che per raccontare la politica serva la cronaca e che la cronaca della nostra vita sia politica. Credo che abbiamo avuto a sufficienza retroscena per aver voglia di tornare a raccontare, meglio e più onestamente possibile, la scena. Credo che la sinistra, tutta la sinistra dal centro al lato estremo, abbia bisogno di ritrovarsi sulle cose, di trovare e di dare un senso al suo progetto. Il senso, ecco. Ritrovare il senso di una direzione comune fondata su principi condivisi: la laicità, i diritti, le libertà, la sicurezza, la condivisione nel dialogo. Fondata sulle cose, sulla vita, sulla realtà. C’è già tutto quello che serve. Basterebbe rinominarlo, metterlo insieme, capirsi. Aprire e non chiudere, ascoltarsi e non voltarsi di spalle. È un lavoro enorme, naturalmente. Ma possiamo farlo, dobbiamo. Questo giornale è il posto. Indicare sentieri e non solo autostrade, altri modi, altri mondi possibili. Ci vorrà tempo. Cominciamo oggi un lavoro che fra qualche settimana porterà nelle vostre case un quotidiano nuovo anche nella forma. Sarà un giornale diverso ma sarà sempre se stesso come capita, con gli anni, a ciascuno di noi. L’identità, è questo il tema. L’identità del giornale sarà nelle sue inchieste, nelle sue scelte, nel lavoro di ricerca e di approfondimento che - senza sconti per nessuno - sappia spiegare cosa sta diventando questo paese; nelle voci autorevoli che ci suggeriscano dove altro sia possibile andare, invece, e come farlo. Sarà certo, lo vorrei, un giornale normale niente affatto nel senso dispregiativo, e per me incomprensibile, che molti danno a questo attributo: sarà un normale giornale di militanza, di battaglia, di opposizione a tutto quel che non ci piace e non ci serve. Aperto a chi ha da dire, a tutti quelli che non hanno sinora avuto posto per dire accanto a quelli che vorranno continuare ad esercitare qui la loro passione, il loro impegno. Non è qualcosa, come chiunque capisce, che si possa fare in solitudine. C’è bisogno di voi. Di tutti, uno per uno. Non ci si può tirare indietro adesso, non si deve. È questa la nostra storia, questo è il nostro posto.

martedì 26 agosto 2008

Ussana nell'Ottocento!

Tratto dal Dizionario Storico Sardo "Angius/Casalis " (1833-1856)
USSANA, villaggio della Sardegna nella provincia di Cagliari, compreso nel mandamento di S.Pantaleo, sotto la giurisdizione del tribunale di prima cognizione della anzinominata città, e già parte della curatoria Dolia, che apparteneva al regno di Cagliari o di Plumino. La sua posizione geografica è nella latitudine 39° 23' 40" e nella longitudine occidentale dal meridiano di Cagliari 0° 2' 10". Siede tra la sponda sinistra del fiume che forma i rivoli che scendono dal territorio montuoso del detto dipartimento di Dolia o Jola, e la sponda destra di quello che proviene dalla Trecenta, in esposizione a quasi tutti i venti, perchè le eminenze vicine non sono tali da fargli riparo, se si eccettua nella regione meridionale il colle di Moristene, o dirò meglio il gruppo del monte Olàdiri. Nell’estate sentesi forte il calore, nelle stagioni medie e principalmente nell’autunno assai grave la umidità, e soffresi molto spesso della nebbia, la quale spesse volte è perniciosa. L’aria è niente salubre, e quelli che sono avvezzi a miglior cielo bisogna che tengano tutte le precauzioni, che consiglia la igiene per salvarsi dalle febbri.
Territorio. Una sua parte è basso piano, l’altra collina, ma poco elevata e quasi in ogni parte coltivabile. La superficie si calcola di più di 8000 giornate, delle quali non sono forse 200 quelle che restano senza nessuna coltura, compreso il luogo detto is Serras verso levante, e quello che dicono Su Benazzu alla parte opposta. Le fonti che si trovano ne’ salti, cioè nelle regioni dei terreni aperti, non sono più di tre; una detta di Solomea, chiusa nella tanca del già feudatario, a minuti 5 dal paese; l’altra di Perdu Lai, che fu parimente incorporata in altra tanca del medesimo a minuti 8, e un’altra detta sa mitza de Olastu, a circa un’ora verso ponente. Nelle case si hanno pozzi, che servono a tutti gli usi, e per il comune un gran pozzo che trovasi a una parte dell’abitato, le cui acque però non sono migliori di quella che attingesi da’ pozzi particolari, ed è poco salubre. Il fiume della Trecenta attraversa le regioni di ponente del territorio. Manca di ponte sin dal 1810, quando una inondazione lo rovesciò sebbene ancor recente di sette anni, il quale era stato fatto a spese del comune. Manca il bosco e gli ussanesi devon provvedersi altrove e dovranno finchè non piantino, come potrebbero fare in molti siti, e principalmente sulla sponda dei fiumi. La caccia si restringe alle lepri ed a’ conigli, alle pernici, quaglie ed anitre. I passerotti vi sono a sciami immensi; ma non sono tanto dannosi quanto le cornacchie, che si divorano i seminati nella prima germinazione. La pesca ne’ fiumi si fa nel solito modo delle chiuse con le nasse. Si prendono sole anguille.
Popolazione. Nel censimento del 1846 si numerarono in Ussana anime 1154, distribuite in famiglie 273 ed in case 266. Distinguevasi quel totale secondo le varie età in uno ed altro sesso nel modo seguente: sotto gli anni 5, maschi 62, femmine 62; sotto i 10, mas. 56, fem. 75; sotto i 20, mas. 127, fem. 98; sotto i 30, mas. 94, fem 93; sotto i 40, mas. 63, fem. 82; sotto i 50, mas. 77, fem. 67; sotto i 60, mas. 46, fem. 54; sotto i 70, mas. 33, fem. 42; sotto gli 80, mas. 9, fem. 8; sotto i 90, mas. 2, fem. 4. Distinguevasi poi secondo le condizioni domestiche il totale de’ maschi 569 in scapoli 333, ammogliati 222, vedovi 14; il totale delle femmine 585 in zitelle 291, maritate 229, vedove 65. Il movimento della popolazione dà le seguenti medie, nascite 40, morti 22, matrimoni 10. Gli ussanesi hanno il carattere degli altri campidanesi nel fisico e nel morale. Applicati al lavoro e corrisposti bene dalla benignità del suolo, vivono i più in qualche agiatezza e se maggiore fosse l’industria, otterrebbero duplo almeno il profitto che or hanno, massime per la comodità del sito prossimo alla strada di Cagliari e poco da essa distante. L’architettura e il compartimento delle abitazioni è il solito: le strade son tutte selciate, il che diminuisce i danni dell’umido, e facilita il passo, che in altri paesi è impedito dai fanghi, su cui le case sembrano galleggiare. Ma nei cortili vedesi qui pure lo stesso sudiciume dei letamai, che molto contribuiscono alla contaminazione dell’aria. La professione generalissima è l’agricoltura. Sessanta persone attendono alla sartoreria, alla muratura, a’ lavori in legno e ferro. Ussana ha circa 20 persone esperte nella musica delle zampogne, i quali sono condotti a certi patti in altri paesi, per servire alla pubblica ricreazione della gioventù. Le donne si occupano ne’ tessuti di lino e lana, e si hanno non meno di 220 telai, tutti però di antica forma. La scuola primaria vi fu aperta, ma poco profittò. Nelle terre de’ campidani intendesi il beneficio dell’istruzione popolare meno che altrove. Prima di questa istituzione eravi per l'insegnamento quella del Martis Lussorio, il quale insieme con sua moglie Rosa Caschili lasciò circa 100 giornate di terreni aratori per l'insegnamento sino alla rettorica da farsi da un maestro distinto. Da questa scuola escirono quasi tutti quelli che progredirono negli studii e studiarono o la teologia, od altro.
Agricoltura. I terreni di Ussana, come gli altri vicini, sono di una gran fertilità, se non contrari la vegetazione la condizione atmosferica. La solita misura della seminazione è di starelli 3000 di grano e 500 tra fave e legumi. Di lino si semina non più che vogliasi dal bisogno delle famiglie. La fruttificazione ordinaria comune non è meno del decuplo. Le specie ortensi sono coltivate in una estensione considerevole di terreno non solo per la consumazione del comune, ma per venderne altrove, e massime nella capitale. Le vigne occupano uno spazio minore di quello che parrebbe giusto per il solo approvvigionamento del paese, onde devono domandar ad altri paesi quello che manca. Nè questo dipende da che non vi sieno terreni buoni, giacchè nelle piccole colline che sono prossime al fiume, ed in quella maggiore, che sorge a circa mezz’ora dal paese alla parte di greco si trovano le condizioni più felici, che domanda questa specie per la sua prosperità; ma perchè non è molto idoneo il terreno circostante al paese, dove si sogliono piantar le viti. Gli alberi fruttiferi che si coltivano sono di poche specie. Le più comuni ficaje, peri, mandorli. Il numero de’ ceppi di poco oltrepasserà i 5000. In questa parte egli è evidente che gli ussanesi male intendono il proprio interesse, privandosi di un prodotto, che darebbe una parte al loro vitto, e produrrebbe un guadagno. Non mancano i siti dove anche gli agrumi prospererebbero, come vi prospererebbero i gelsi. I terreni chiusi di grande area, o le tanche, come sono comunemente appellate, non hanno complessivamente più di giornate 240. Esse servono all’agricoltura. I piccoli chiusi destinati parimente ai cereali non oltrepassano di molto le giornate 300, escluso il terreno occupato dai canneti e dai pioppi, la cui superficie si computa di circa 25 starelli.
Pastorizia. Il bestiame di servigio consiste in circa 250 gioghi, o capi 500, in cavalli e cavalle da sella e da basto 50, in giumenti 120, i quali pascolano ne’ territori particolari e nel prato comunale, ma non sempre, perchè si provvede alla loro sussistenza con provviste sufficienti per il caso che manchi il pascolo naturale. Il bestiame rude numera vacche 130, porci 300, pecore 7000. Il prodotto si smercia nel Campidano e nella capitale. L’apicoltura è praticata da pochissimi, e si avranno al più 500 alveari.
Religione. Ussana era compresa nella diocesi Doliense, ed è adesso con le altre parti della medesima compresa nella giurisdizione dell’arcivescovo di Cagliari. La chiesa parrocchiale ha per titolare S.Sebastiano, provveduta sufficientemente e non mal servita dal suo parroco, che si qualifica rettore, e soleva avere tre coadiutori, senza altri due sacerdoti, i quali servivano per insegnare il catechismo alle donne. Le chiese filiali sono denominate una dall’Angelo custode, l’altra da S.Saturnino. Le feste principali con corsa di barberi e fuochi artificiali sono per la Vergine Assunta, per S.Giuliana e per S.Efisio. Fuori del paese verso maestrale è la chiesa di S.Saturnino, contiguamente alla quale è un piccol recinto, dove sono sepolti i cadaveri. L’altra chiesa rurale era quella di S.Giuliana verso ponente e maestrale a circa un’ora di pedone, ma ora è caduta, come son cadute le seguenti che erano dedicate, una a S.Lorenzo verso la stessa parte a distanza di mezz’ora, l’altra a S.Lussorio verso la stessa parte e quasi ad altrettanta distanza, una terza a S.Genisio di costruzione assai antica, e una quarta a S.Pietro di Costara verso levante a mezz’ora. Intorno a ciascuna di dette chiese si vedono vestigie di antiche abitazioni, e scavando si trovano diversi oggetti di lontana antichità. Ignoriamo i nomi che avessero queste popolazioni, ed ignoriamo quale delle più vicine avesse lo stesso nome dell’attuale paese, ma in forma diminutiva. Nel luogo dov’è s. Giuliana vuolsi fosse Villa Siser, la stessa che l’Aleo dice Sicerri. Questo scrittore nota tra’ luoghi spopolati nel territorio di Ussana le ville di Trodori, Serri (piuttosto Serras), Giana, Lacunedda. Gli ultimi abitanti di queste ville andarono a stabilirsi in Ussana.

lunedì 25 agosto 2008

Aspettando il prossimo boicottaggio...

Le magnifiche e super sponsorizzate Olimpiadi si sono appena concluse e l'Italia si piazza tra le prime 10 nazioni al mondo con un bottino di 28 medaglie, 8 delle quali d'oro soprattutto grazie ad atleti impegnati negli sport cosiddetti minori.

Il prossimo appuntamento olimpico è per il 2012 a Londra.

Si chiude dunque anche la farsa del boicottaggio che è stata sminuita dagli stessi boicottatori trasformandola in un "un gesto simbolico, che dovrebbe invitare tutti a riflettere su quei principi fondamentali, pace, libertà e democrazia"...che belle parole...
Eppure nel resto del mondo, proprio durante i Giochi, sono proseguite le guerre e alcuni bombardamenti (vedi Georgia) sono stati inseriti nelle pagine centrali di molti giornali italiani.

Berlusconi ovviamente ha disertato l'inaugurazione così come accennò nelle sue precedenti dichiarazioni spedendo a Pechino il temerario Frattini; Silvio Berlusconi era impegnatissimo a farfugliare sul G8: "spezzare il G8 tra La Maddalena e Napoli" ha detto qualche giorno fa!

Il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, si era anche augurato che gli atleti italiani disertassero l'apertura delle Olimpiadi di Pechino in segno di protesta contro il mancato rispetto dei diritti umani in Cina (poi immediatamente criticato dal ministro degli Esteri Franco Frattini) con la speranza che gli atleti italiani obbedissero in vista della detassazione in caso di medaglia!

Tornando allo sport vi ricordiamo che dal 6 al 17 Settembre si svolgeranno in Cina, i Giochi Paraolimpici, giunti alla XIII edizione.

sabato 23 agosto 2008

Clandestini nel suo capannone: nei guai un assessore leghista

Predicano bene, ma razzolano molto male. I leghisti urlano contro l'immigrazione clandestina e nel frattempo sfruttano gli stessi immigrati per arricchirsi.
Faceva così anche Roberto Zanetti, assessore della Lega alle Attività produttive e presidente degli artigiani di Cartigliano, comune in provincia di Vicenza. Nel capannone di sua proprietà la Guardia di Finanza di Bassano del Grappa ha scoperto un laboratorio di confezionamento di abbigliamento con nove cinesi costretti a lavorare in condizioni pietose.
L'assessore adesso cerca di difendersi dicendosi sconcertato. «Questa storia mi toglie 10 anni di vita, io non ne sapevo niente».
Dopo aver effettuato una serie di controlli nei giorni precedenti, i finanzieri della Compagnia di Bassano sono entrati in azione all'una di notte di mercoledì. Nell'immobile c'erano 9 asiatici. A finire in manette sono state la donna cinese che gestiva il laboratorio, immigrata regolarmente in Italia, e due operai sui quali pendeva già un provvedimento di espulsione, arrestati per violazione della legge (pensa un po') Bossi-Fini. Tre erano regolari, di altri tre non avevano documenti.
Gli operai lavoravano giorno e notte in mezzo a puzza e rumore. Ma nel capannone erano completamente segregati dormendo in due stanzette nascoste dietro un armadio con un solo e lurido wc. Gli otto vivevano come schiavi: lavoravano tutta la notte, non uscivano mai. La "direttrice", almeno, aveva una camera tutta per sè.
«Quando siamo arrivati hanno iniziato a correre e a gridare, ma la cosa che ci ha colpito di più - spiega il capitano Danilo Toma della compagnia di Bassano del Grappa - è stato il doppio fondo che abbiamo trovato su un muro. Da una botola si accedeva alle stanze, di cui una piccolissima, pochi metri quadri con i letti ammassati e un puzzo incredibile».
Per quanto riguarda la posizione dell'assessore, il capitano spiega: «Come il fratello, al momento non è indagato, anche perché il contratto di affitto era regolare». Difficile però credere che la famiglia Zanetti non fosse al corrente di cosa stesse accadendo nel capannone. «La casa dei Zanetti dista poche centinaia di metri», osserva il capitano. In più, non è la prima volta che nel profondo Nord est leghista vengono scoperti laboratori clandestini: «Di casi simili anche in zona ne abbiamo scoperti parecchi», ricorda il capitano.
Zanetti da parte sua cerca di difendesi. «La cinese titolare - spiega Roberto Zanetti - era venuta da noi la scorsa primavera; era stata costretta ad abbandonare la precedente sede, ne cercava un'altra e aveva saputo del nostro capannone. Era iscritta alla Camera di Commercio e, a quanto ci constava, i suoi dipendenti erano a posto con il permesso di soggiorno. Insomma, sembrava tutto in regola e abbiamo perfezionato la locazione, alla luce del sole».
Peccato che "alla luce del sole" però non lavorassero i cinesi. E Zanetti ne era al corrente. «Parevano invisibili - continua l'assessore vicentino - lavoravano di notte, come formiche, non disturbavano. Cosa combinassero là dentro, non lo sapevamo: avevano messo subito le tende alle finestre e non aprivano a nessuno. Consideravamo l'affitto che ci pagavano una sorta di compensazione: in fondo, è proprio per colpa della Cina che abbiamo cessato la nostra attività originaria».
È rimasto «sorpreso e sconcertato» anche il sindaco leghista di Cartigliano, Germano Racchella, nell'apprendere che il capannone dove è stato scoperto un laboratorio cinese clandestino è di proprietà di un suo assessore. «Una bella mazzata - commenta il primo cittadino - Sono sorpreso più come leghista che come sindaco», dice orgogliosamente. Racchella non ha ancora sentito il suo assessore e collega di partito Roberto Zanetti e non lo farà prima di sera. «Ho convocato una riunione - spiega il sindaco - vedremo cosa uscirà dall'incontro».

giovedì 21 agosto 2008

Tolto alla madre perché comunista

CATANIA - "Mio padre ha preso spunto dalla mia tessera di giovane comunista per sostenere che mia madre non è in grado di badare a me, perché i comunisti sono persone che portano i figli su una brutta strada". Rompe il silenzio e difende la madre, il sedicenne che i giudici di Catania hanno affidato al padre con un provvedimento che nelle motivazioni cita l'iscrizione del minore al circolo Tienanmen dei Giovani comunisti.
Sulla vicenda fanno sentire la loro voce anche l'ex presidente della Camera Fausto Bertinotti e il leader del Pdci Oliviero Diliberto. Il segretario di Rifondazione, Paolo Ferrero chiede l'intervento del capo dello Stato. Ma il giudice che ha firmato l'ordinanza smentisce tutto: "Nessun riferimento diretto o indiretto alla militanza politica del ragazzo". Il ragazzo, che stamattina ha tagliato i lunghi capelli, ha rivelato alcuni particolari della sua storia. "Dovrei stare con mio padre, ma dopo un'aggressione che ho subito, ho deciso di andare da mia madre", afferma, e del genitore dice: "Lui non fa altro che associare i comunisti, detto in tono dispregiativo, sempre con droga, spinelli, alcol, insomma una vita sbandata, sregolata, da non seguire, mentre invece io mi trovo bene con il mio gruppo. Le nostre idee da quando io sono cresciuto sono cambiate: io frequento un liceo che ha idee di sinistra invece lui detesta i comunisti".
Alla domanda se avesse fatto mai uso di droga, il sedicenne rivela: "A seguito di queste continue insinuazioni mia madre mi ha portato in un centro medico dove sono stato sottoposto al drug test. Ho fatto il test per dimostrare che non facevo uso di droghe. Con il risultato davanti, mio padre ha continuato a dire che io mi drogo e che il test era stato falsificato. Questo purtroppo è un punto fermo sul quale lui crede di potersi appoggiare per vincere a modo suo questa guerra".
Il sedicenne per ora è molto impegnato: "Adesso sto studiando - dice - perché devo recuperare i debiti formativi. Sino ad ora sono stato al mare mi sono abbastanza divertito negli spiragli di tempo che ho trascorso al di fuori da questa brutta storia". La notizia, come è ovvio, ha destato sgomento e preoccupazione tra gli esponenti della sinistra comunista. "Chiedo al presidente della Repubblica di intervenire immediatamente", dice Paolo Ferrero. Secondo il segretario nazionale del Prc, quella che si è verificata a Catania è una "gravissima violazione costituzionale".
Secondo Ferrero, quanto fatto dai servizi sociali della città siciliana "è gravissimo e testimonia di pregiudizi incompatibili con l'espletamento di un pubblico servizio". E ancora: "Che la prima sezione civile del Tribunale di Catania motivi una sentenza con le stesse argomentazioni non è solo gravissimo, ma inaccettabile in uno stato di diritto". "Ho deciso di inviare un telegramma di solidarietà e vicinanza alla madre del ragazzo", ha detto l'ex presidente della Camera Fausto Bertinotti. "I comunisti sono un'organizzazione estremista solo perché fuori dal Parlamento? Ci vogliono fuori legge?", aggiunge il segretario del Pdci, Oliviero Diliberto. "Appartenere a un partito comunista - dice - è motivo così disdicevole per un ragazzo tanto da accusare la madre e non fargli avere l'affidamento del figlio?". Diliberto chiede al ministro delle Politiche giovanili Giorgia Meloni e a quello delle politiche sociali Maurizio Sacconi "se credano possa essere consentito a un servizio sociale dello Stato sindacare sulle idee politiche di un giovane e farne oggetto di valutazione". Cerca invece di smorzare i toni della polemica l'avvocato Mario Giarrusso, legale della madre: "Non capiamo i motivi che hanno spinto il tribunale a prendere questa decisione - dice l'avvocato - Il ragazzo non si droga, non ha commesso reati. La cosa che ci ha colpiti è che viene citato come appartenente a un gruppo estremista". "Secondo noi - conclude - è stato montato un caso sul nulla". "Nel provvedimento non c'è alcun riferimento diretto indiretto alla militanza politica del ragazzo o a luoghi di ritrovo riconducibili a movimenti politici", replica Massimo Esher, il giudice della prima sezione civile del Tribunale di Catania che ha firmato l'ordinanza di affidamento al padre del sedicenne. Il giudice aggiunge che "l'unico riferimento contenuto nel provvedimento riguarda la frequentazione del ragazzo relativa a luoghi di ritrovo giovanili dove è diffuso l'uso di sostanze alcoliche e psicotrope. Ma questi non sono riconducibili a partiti". Esher dice anche di non ricordare traccia della tessera comunista e che questa comunque "non è stata presa in considerazione. E' possibile - spiega il magistrato - che il padre abbia prodotto fotocopia di una tessera di appartenenza a un partito ma per noi questo è assolutamente indifferente".
[fonte: http://www.repubblica.it]

sabato 9 agosto 2008

GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE

Rieccoci! La Festa de l'Unità di Ussana si è ormai conclusa da parecchi giorni e fare un riepilogo delle varie vicende che l'hanno accompagnata è d'obbligo. In primis dobbiamo fare i ringraziamenti ad Anna, la tenace presidente del Comitato Organizzatore, che ha tenuto a bada una serie di intoppi burocratici che ogni anno ci vengono inflitti e che quest'anno hanno raggiunto davvero il culmine. Carte da firmare, domande da presentare e "tasse" da pagare sono stati all'ordine del giorno per 3 mesi circa, ma quest'anno l'autorizzazione agli spettacoli è giunta soltanto venerdì 1° Agosto alle ore 21:15. Tutto ciò non è imputabile né alla politica, tanto meno alla burocrazia, ma alla sola avversione nei confronti di un gruppo di giovani e meno giovani che si impegnano per tre mesi per un fine comune. Perdonateci lo sfogo, ma quest’anno non ne possiamo fare a meno: passi la delibera di giunta del 2005 che non permetteva il prestito del palco comunale, quindi pagato con i soldi di tutti, ai partiti o associazioni politiche. Passino le autorizzazioni date tutti gli anni il primo giorno della festa, nonostante noi presentiamo le richieste con due mesi di anticipo, ma quest’anno si è rasentato il ridicolo nel rilasciarci l’autorizzazione agli spettacoli solo il secondo giorno di festa alle ore 21.15! Qualche giovane navigato ha fatto un tuffo nel passato e ha rivisto gli anni 60-70! L'oggetto del contendere? La "Gloria" sarebbe dovuta essere montata in modo da lasciare una corsia per le macchine. Benissimo, ma a saperlo prima! Abbiamo chiesto l'autorizzazione per quella determinata zona (via Nenni), come ogni anno due mesi prima, e nessuno prima di venerdì 1 Agosto, ovviamente, ci aveva illuminato! Il secondo giorno di festa sarebbe divenuto in salita per tutti gli umani smontarla e rimontarla in tempo per lo spettacolo! Purtroppo ancora non l'abbiamo dotata di ruote, ma l'anno prossimo ci attrezzeremo! Comunque sia, la festa non è andata bene, è andata benissimo! Abbiamo passato quattro giorni in allegria e spensieratezza, d'altronde come da quattro anni a questa parte. Quest'anno, domenica 3 Agosto, c'è stato anche un momento di riflessione per parlare dei problemi dell'Italia, della Sardegna e di Ussana che ci ripromettiamo di proporvi con temi diversi a breve scadenza. Oltre a tutti i ragazzi che hanno partecipato (ricordarli tutti è molto difficile, e una sola dimenticanza sarebbe gravissimo), vorremmo ringraziare i nostri due nuovi acquisti, Matteo & Matteo, che si sono calati alla grande nella parte che abbiamo affidato loro. Vorremmo ringraziare quei giovani (con un pò di capelli bianchi) che come ogni anno ci hanno accompagnato nell'organizzare la festa, nel montaggio e soprattutto smontaggio di tutte le strutture, dato consigli, etc. Non da ultimo, vorremmo ringraziare tutti, ma proprio tutti, gli sponsor, i commercianti e i nostri compaesani per l'aiuto che, come ogni anno, non ci hanno fatto mancare. GRAZIE A TUTTI!

p.s.: abbiamo introdotto l'i-pod del PD, un pò di musica non guasta mai!